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Riflettori puntati sulla coralità europea
Si rinnova a Göteborg l'appuntamento biennale con Eurovision Choir

di Raffaele Cifani
Finestre, Choraliter 59, settembre 2019

Si è svolta nel segno della continuità e delle conferme la seconda edizione dell’Eurovision Choir, il contest corale tenutosi il 3 agosto 2019 a Göteborg, che con cadenza biennale vede confrontarsi, sul terreno della musica a cappella, alcuni dei migliori cori amatoriali europei selezionati in rappresentanza delle proprie nazioni.

La conferma innanzitutto della formula vincente e ben congeniata del format televisivo che, sul modello del più noto Eurovision song contest, ha visto una coinvolgente cornice scenica basata su videowalls, entro la quale lo show è fluito in grande scioltezza, saldamente guidato dalla spigliata coppia di presentatori che ha saputo ben dosare professionalità e competenza, senza rinunciare alla disinvoltura che uno spettacolo televisivo impone. Rilevante ed efficace anche la presenza dei cori svedesi riuniti che, oltre ad aprire e chiudere la manifestazione con due brani degli ABBA (intramontabile gruppo pop svedese assurto a icona nazionale), hanno anche fatto da sfondo scenografico a tutte le esibizioni della serata. 

Nel segno della continuità anche l’alto livello qualitativo dei cori e della giuria, ben equilibrata grazie alla scelta di tre personaggi di spicco provenienti da diverse esperienze musicali in ambito corale: l’arrangiatore e produttore Deke Sharon, noto tra l’altro per aver curato la colonna sonora del film Pitch Perfect; la cantante Katarina Henryson, una delle fondatrici del famoso ensemble The Real Group, e l’amatissimo compositore britannico John Rutter, già presente nella prima edizione a Riga.

Infine le conferme arrivano anche dalle scelte dei brani presentati che, sia pur in un quadro più orientato verso il genere pop/jazz rispetto alla passata edizione, restano ancora molto legati alle tradizioni folk dei vari Paesi di provenienza. 

Le compagini corali che si sono avvicendate sul palco con esibizioni della durata di quattro minuti, ciascuna commentata “a caldo” dai giurati sullo stile dei più famosi e frequentati talent show dedicati a solisti e gruppi pop/rock, hanno in gran parte mostrato una vocazione piuttosto tradizionale; e anche quei gruppi che per loro natura si muovono nell’ambito del pop o del jazz come Almakalia (Belgio) e Jazzva (Slovenia), non hanno “osato” spingere più di tanto sulle caratteristiche tipicamente contemporanee di questi generi corali, restando legati a un sound piuttosto datato. Ancor più nel solco della tradizione le proposte di Bonn Voice (Germania) e Vocal Line (Danimarca) che hanno presentato brani folk in veste pop, un’operazione senz’altro interessante ma che ha sortito un po’ l’effetto di un volo appesantito dalla natura dei brani, che hanno ostacolato l’emergere del groove tipico del pop. Di stampo decisamente folk i cori Zero8 (Svezia), Babite Municipality Mixed Choir MASKA (Lettonia), Alba (Scozia), Cake O’Phonie (Svizzera) e Ysgol Gerdd Ceredigion (Galles), che hanno costituito il fulcro tematico della manifestazione, proponendo brani della propria tradizione popolare nazionale, in alcuni casi indossando abiti folkloristici legati al Paese di provenienza. Si sono invece distinte per un’interessante proposta decisamente fuori dagli schemi le norvegesi del Volve Vokal, che hanno proposto un brano contemporaneo coreografato con movimenti affini al linguaggio del Teatro-Danza. 

Al termine di questa carrellata che ha visto sfilare i dieci cori partecipanti, tutti impegnati anche sul fronte coreografico, si è svolta la fase finale alla quale hanno avuto accesso i tre gruppi giudicati più meritevoli dalla giuria e che ha visto i lettoni del Babite Municipality Mixed Choir MASKA, i danesi del Vocal Line e l’ensemble sloveno Jazzva contendersi il trofeo con un’ulteriore performance della durata di tre minuti, dando vita a un confronto che ha permesso di cogliere maggiormente le peculiarità di ciascuno dei cori, i quali hanno espresso con più incisività e profondità la loro autentica vocazione stilistica. Alla fine della sfida l’ha spuntata il Vocal Line, il quale, oltre ad aggiudicarsi il trofeo, stacca il ticket per la partecipazione alla prossima edizione dei World Choir Games che si terranno in Belgio nel 2020. Il coro danese si è distinto per essere stato capace di instaurare uno profondo collegamento emozionale con il pubblico che, come ha avuto modo di spiegare Rutter, nei concorsi è quell’elemento in più che risulta determinante soprattutto quando la caratura tecnica dei concorrenti è uniformata su un livello molto elevato, come in questo caso.

La manifestazione dunque ci consegna uno spaccato del panorama corale europeo che, seppur non esaustivo, ci offre l’opportunità di riflettere sulla possibilità di andare alla ricerca di una maggiore innovazione e creatività, tanto nella scelta dei repertori che nelle contaminazioni tra generi e stili diversi; percorrendo una strada alternativa che può portare a identificarsi e a caratterizzarsi in modo altrettanto efficace anche senza fare necessariamente riferimento alle proprie tradizioni folk e senza la paura di tradire la propria identità nazionale. La coralità in generale, e specialmente quella amatoriale, deve potersi nutrire di stimoli continuamente nuovi, estrosi e fuori dagli schemi; al fine di risultare sempre moderna, accattivante e soprattutto attrattiva per i giovani che, non lo dimentichiamo, rappresentano il futuro della coralità di domani. 

Al di là di ogni considerazione resta comunque il fatto che l’Eurovision Choir rappresenta un evento di grandissima importanza per la visibilità mediatica che è in grado di offrire alla coralità amatoriale, portandola alla ribalta del grande pubblico europeo in prima serata: un fatto straordinario che merita grande attenzione e ogni tipo di sostegno affinché diventi una consuetudine consolidata. E a proposito di visibilità mediatica, purtroppo tra le conferme di questa edizione c’è anche l’assenza della Rai che, pur facendo parte del circuito televisivo EBU (European Broadcasting Union), non ha preso parte all’evento, elemento che denota quanto in Italia la coralità sia ancora considerata come un fenomeno di nicchia riservato a un ristretto pubblico di appassionati, tanto da non far assumere il rischio di un investimento televisivo, oltretutto in prima serata. Questo dato ci dà la dimensione dell’importanza e dell’urgenza di proseguire l’ottimo e già ben avviato lavoro di sensibilizzazione per il nostro mondo corale, estendendolo a ogni livello e a ogni settore, per far uscire la coralità italiana dall’alveo dell’anonimato e portarla finalmente alla ribalta del grande pubblico. 

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