Cookie Consent by Free Privacy Policy website

I molti modi di essere "coro"
Le nuove prospettive del canto corale in Turchia

di Rossana Paliaga
Finestre, Choraliter 64, maggio 2021

Burak Onur Erdem è il direttore del coro Rezonans, certamente uno dei rappresentanti più noti della coralità turca sui palcoscenici europei, ma è anche direttore artistico del Coro di Stato turco. Attivo sia in ambito amatoriale che professionale, è un importante promotore della cultura corale nel suo Paese. La vivace coralità turca ha alle spalle una storia più lunga rispetto ai Paesi limitrofi, ma ancora abbastanza giovane da poter offrire ampi margini di sviluppo, anche nell’organizzazione interna dell’articolato panorama corale. In Turchia fare coro non è un concetto univoco, ma il prodotto di un approccio che considera da un lato antiche tradizioni, dall’altro i più recenti influssi occidentali. Tra le sfide del futuro c’è il consolidamento di una rete di rapporti che potranno rendere questo patrimonio un bene condiviso e ampiamente valorizzato.

Esiste una federazione dei cori turchi o comunque un’organizzazione “di categoria”?

Attualmente esistono diverse associazioni in diverse città. Alcune promuovono attività a livello nazionale, altre in ambito locale, ma non esiste ancora qualcosa di simile a Feniarco. Nelle città principali, come Ankara, Izmir e Istanbul, abbiamo molti festival e siamo organizzati in strutture informali che promuovono ad esempio la realizzazione di scambi e progetti comuni. Direi quindi che non siamo isolati, ma abbiamo bisogno ancora di tempo ed energie creative per avvicinarci a un’idea di federazione. Credo valga la pena investire in questo progetto. Secondo me abbiamo bisogno di creare una federazione di organizzazioni, quindi il primo passo è consolidare la base di questa piramide.

Un primo passo verso una maggiore comunicazione interna è certamente la piattaforma corale che ha creato: Korokulturu.

L’idea nasce nel 2012, dopo aver organizzato alcuni festival corali. Abbiamo sentito la necessità di avere una piattaforma dove poter parlare di management culturale, collaborare, pianificare insieme eventi. Finora sono stati realizzati una maratona corale, diversi workshop, collaborazioni con il Ministero della cultura, molte conferenze, e nel periodo dell’emergenza sanitaria abbiamo proseguito con incontri online con rappresentanti dei cori.

Come ha scoperto il mondo corale?

Ho cantato nel coro della scuola elementare, poi nel coro del ginnasio tedesco di Istanbul, dove avevamo insegnanti provenienti da Austria e Germania. Non potrò mai dimenticare l’emozione provata la prima volta che ho cantato il Gloria di Vivaldi, è stato magico. Proseguendo gli studi all’Università americana del Bosforo, ovviamente sono entrato a far parte anche di quel coro, dove ho avuto anche le mie prime esperienze di direzione, a diciannove anni. Mettendomi in gioco ho capito che la direzione richiedeva studio e tecnica ed ero molto motivato a imparare. Così ho iniziato a studiare musica in modo più sistematico e ho frequentato diversi corsi di direzione in Europa, parallelamente agli studi in scienze politiche. Ho fondato il mio coro, il Rezonans, con il quale ogni progetto è stato una nuova scoperta. Poi nel 2018 sono stato nominato direttore principale del Coro di Stato turco ad Ankara. 

Dalla sua esperienza potremmo dire che la musica corale è molto diffusa nelle scuole.

Ci sono molti cori universitari, legati ai dipartimenti di educazione musicale. Per le scuole superiori è diverso e dipende in buona parte dalle competenze dell’insegnante di musica. Alcuni amano proporre attività corali, altri no. Il nostro sistema scolastico non prevede la musica corale, ma in molti vorremmo portare la coralità anche nelle aule di scuole che non siano a indirizzo musicale. Stiamo lavorando per raggiungere questo traguardo, in accordo con il Ministero dell’istruzione. Credo veramente che l’attività corale sia fondamentale perché educa all’ascolto e alla comprensione reciproca.

Un ascolto che negli ultimi anni sta allenando dividendosi tra le diverse esigenze di mondo amatoriale e professionale.

Sono due dimensioni parallele, ma che vivo come un’integrazione, non in antitesi.

Come si esprime, musicalmente, un coro rappresentativo come il Coro di stato?

Il coro è stato fondato nel 1988 come coro professionale, secondo il modello di diversi cori di Paesi dell’Europa occidentale anche a livello di repertorio: sinfonico-corale e a cappella. Il mio compito è creare programmi innovativi e la supervisione del programma di formazione, sia nei progetti per le scuole che attraverso corsi tenuti da direttori ospiti, tra i quali abbiamo avuto anche Lorenzo Donati. Il coro è composto da sessanta cantori e lavora sotto l’egida del Ministero della cultura. Essendo il coro polifonico principale a livello nazionale, collabora regolarmente con tutte le maggiori orchestre turche, sia pubbliche che private. Per quanto riguarda il repertorio a cappella, occorre dare merito al grande lavoro del direttore tedesco Walter Strauss che ha avuto un ruolo fondamentale nell’importazione del repertorio a cappella in Turchia. Il suo lavoro è stato per questo coro fonte di grande ispirazione e sono orgoglioso di poter portare avanti questa eredità in una nuova epoca e con nuovi cantanti, pronti all’innovazione. Nel 2019 siamo entrati a far parte della rete Tenso e siamo in contatto con molti gruppi professionali. In media abbiamo circa quaranta concerti ogni anno e una stagione di concerti ad Ankara, dove eseguiamo brani corali in collaborazione con l’orchestra presidenziale, una storica istituzione con alle spalle duecento anni di storia. Un tempo era l’orchestra del sultano. Siamo spesso in tournée e non trascuriamo l’importante attività di formazione musicale nelle scuole. Il nostro calendario annuale è sempre molto intenso, da settembre a giugno, mentre in estate partecipiamo a festival estivi che spesso si tengono in luoghi di interesse storico e culturale, ad esempio magnifici anfiteatri antichi.

In Turchia possiamo parlare di approcci differenti alla musica corale o esiste un “modello internazionale” predominante?

Una parte dei cori segue questi modelli, ma un’altra, più tradizionalista, è molto lontana da questa idea di coralità. Occorre inoltre comprendere che le categorie di musica folk e musica colta nel nostro Paese di base non esistevano. La musica colta turca, prodotta alla corte ottomana, non prevedeva il canto corale, ma quello solistico. Possiamo parlare di eterofonia, non di coralità. Dalla fondazione della repubblica, ovvero negli ultimi cent’anni, questi percorsi hanno iniziato a dividersi, ma coesistono, anche in forme rinnovate. In Turchia il concetto di coro può essere interpretato di base in tre modi differenti. Il primo è il coro come lo si intende nel mondo occidentale, il secondo è il coro classico in ambito colto che tuttavia si esprime con canto monodico e ornato, una forma che deriva direttamente dalla musica di corte dell’impero ottomano. Il terzo è la musica di tradizione orale, un canto monodico o a due voci accompagnato da strumenti folk. Ritornando all’idea di federazione corale, nel nostro Paese un’organizzazione nazionale dovrebbe tenere conto di questa varietà e parlare i linguaggi diversi dei suoi cori. 

Cosa potrebbe dirci del repertorio corale nazionale? C’è interesse da parte dei compositori turchi?

A livello di cori polifonici, di base la scrittura non appare radicalmente diversa. Deriva da studi accademici dalle basi piuttosto omogenee, ma le differenze si trovano nel frequente utilizzo di musica microtonale, elementi di maqam, ritmi irregolari simili a quelli della tradizione balcanica. La lingua utilizzata è prevalentemente il turco, su versi di poeti nazionali, ma le commissioni hanno portato anche alla composizione di brani in latino che certamente diventano immediatamente di più facile fruizione anche per cori di altri Paesi. Il contesto della musica sacra ovviamente non ha molto in comune con il repertorio liturgico cristiano. Siamo un Paese a maggioranza musulmana e la religione islamica non prevede musica corale nei riti, quindi non abbiamo questo tipo di esigenza e commissioni. Non avendo questo tipo di tradizione, non abbiamo una distinzione così netta tra musica sacra e profana. Tuttavia esistono inni scritti in forma polifonica e di ispirazione religiosa, ma i testi non corrispondono a formule liturgiche, come possono essere per il mondo cristiano il Kyrie o il Gloria.

La musica corale ha una storia relativamente recente nel suo Paese. Pensa che generazioni diverse la accolgano in modo diverso, sia a livello di cantori che di pubblico?

Tutte le generazioni si incontrano nella musica corale. Ovviamente i giovani sono più innovativi e vogliono sperimentare strade nuove. La pandemia ha fatto capire quanto fosse importante per loro l’attività corale e l’hanno dimostrato ad esempio con la realizzazione di video. La nostra tradizione corale ha un secolo di storia e non è poco, se la confrontiamo con lo sviluppo più recente di quest’arte in molti Paesi arabi, dove la musica corale ha una storia di dieci o vent’anni. La Turchia ha una storia diversa; con la caduta dell’Impero ottomano è iniziata una rivoluzione culturale, che anche a livello corale ha portato ad abbracciare la musica occidentale e a promuovere parallelamente il lavoro di compositori e insegnanti turchi di riferimento. Siamo un Paese nuovo nel mondo corale, ma con un ricco repertorio di musica polifonica originale.

Questo sito utilizza cookies propri e di altri siti. Se vuoi saperne di più . Continuando la navigazione ne autorizzi l'uso.