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Olivier Messiaen
Cinq rechants per 12 voci miste a cappella

di Mauro Zuccante
Nova et vetera, Choraliter 49, aprile 2016

Di Olivier Messiaen (1908-1992), si dice che fu compositore straordinariamente innovativo e profondamente tradizionalista. Non è una contraddizione. Ciò è dovuto al fatto che il suo linguaggio musicale è l’esito di sperimentazioni proiettate nel futuro, ma i cui presupposti sono ancorati a morfologie che provengono da un passato remoto. Quindi, sincretismo di nova et vetera. Quindi, un autore ideale da inserire in questa rubrica.

Cinq Rechants, composizione per dodici voci miste a cappella (tre soprani, tre contralti, tre tenori e tre bassi), del dicembre 1948, pubblicata l’anno successivo presso Salabert, è un modello di opera-ponte tra passato e modernità. Una precisazione sull’organico. Per dodici voci, s’intende dodici solisti, che cantano – come si usa dire – a parti reali. Quindi, trattasi di concezione madrigalistica, piuttosto che corale. Una puntualizzazione necessaria, in quanto il “peso-registro” delle singole voci gioca un ruolo determinante nella disposizione delle stesse. Al fine di ottenere il giusto equilibrio timbrico, il compositore ragiona, infatti, in termini di “orchestrazione vocale”. Messiaen definisce i Cinq Rechants «un omaggio a Printemps di Claude Le Jeune [1530 ca. - 1600], capolavoro di scrittura corale e capolavoro ritmico. In Printemps, le strofe [couplets] sono chiamati chants, i ritornelli [refrains] rechants». Sul piano formale il lavoro di Messiaen ricalca lo schema di Printemps, alternanza di chants e rechants, con l’aggiunta di brevi introduzioni e code. Naturalmente, da ciò deriva anche il titolo stesso della composizione.I Cinq Rechants appartengono a una trilogia di opere, detta “trilogia del Tristano”, a cui il musicista francese si è dedicato negli anni ’40. 

Furono anni particolarmente travagliati sul fronte delle vicende biografiche del compositore francese. La moglie, Louise Justine Delbos, violinista e ispiratrice di alcune sue opere, nel 1947 dovette essere operata per un tumore cerebrale. L’intervento chirurgico le salvò la vita, ma le fece perdere la memoria e dovette essere ricoverata in un ospedale psichiatrico per dodici anni fino alla morte, avvenuta nel 1959. Nel 1961 Messiaen sposò in seconde nozze la pianista Yvonne Loriod (altra sua musa ispiratrice), con la quale aveva, nel frattempo, già intrapreso una relazione. Della “trilogia del Tristano” fanno parte Harawi, “canto d’amore e di morte”, del 1945 (un ciclo di 12 pezzi, per soprano drammatico e pianoforte); Turangalîla-symphonie, mastodontica partitura per grande orchestra, del 1948 (con pianoforte solista e onde Martenot solista); e Cinq Rechants, appunto. Il filo conduttore che unisce le tre composizioni è il tema di “amore e morte”, leitmotiv della leggenda di Tristano.

Il testo dei Cinq Rechants è stato creato e “assemblato” dallo stesso compositore. Si tratta di una surrealistica alternanza di versi in francese, con sillabazioni in una lingua immaginaria (pseudo-hindu, o pseudo-sanscrito) e fonemi consonantici scelti in base alla loro qualità di attacco “ritmico-percussivo” («t, k»). I versi in francese (espressioni disgregate ed ermetiche) rimandano, in generale, al tema di amore e morte. La leggenda di Tristano e Isotta è ripetutamente evocata (anche nel personaggio dell’ancella Brangania); ma ci sono riferimenti alla Giulietta di Shakespeare, a Mélisande di Debussy, alle albe trovadoriche (voci sovrannaturali che avvertono gli amanti che la notte d’amore sta per finire), al principe uxoricida Barbablù, a Orfeo, che scese negli inferi per riprendersi la sua Euridice, e alla maga Viviana, di cui s’innamorò Merlino. Inoltre, ci sono richiami all’arte figurativa, in particolare ai quadri di Marc Chagall (gli amanti abbracciati, che volano verso le stelle della morte) e di Hieronymus Bosch (gli amanti racchiusi nella bolla di cristallo). Dice Messiaen, nelle annotazioni introduttive alla partitura: «Quest’opera è un canto d’amore. Questa sola parola basti a guidare i cantori nell’interpretazione del testo poetico e della musica»

Riportiamo, a titolo di esempio, il testo integrale del Rechant I

ha(yo)(ma) kapritamala
li la li la li la ssaréno
um— [a bocca chiusa]
les amoureux s’envolent
Brangien dans l’espace tu souffles
les amoureux s’envolent
vers les étoiles de la mort
t k t k t k t k t k t k t k t k
ha ha ha ha ha soif
l’explorateur Orphée trouve son cœur dans la mort
miroir d’étoile château d’étoile
Yseult d’amour séparé
bulle de cristal d’étoile mon retour
Barbe-Bleue château de la septième porte

Dalle parole di Messiaen, abbiamo appreso come il suo interesse per Printemps di Claude Le Jeune si sia soffermato soprattutto sull’aspetto ritmico. Di quel brano egli apprezzava, appunto, il fatto che il ritmo fosse affrancato dalla tradizionale rigidità del metro e della battuta. Allo stesso modo, in Cinq Rechants Messiaen si è concentrato sull’esplorazione della dimensione ritmica, facendole assumere forme assai variegate e in costante mutazione. Possiamo ritenere il livello ritmico come il più attraente della composizione. «Non dimentichiamo che l’elemento primario ed essenziale della musica è il ritmo, e che il ritmo è soprattutto un cambiamento di numero e di durata» (Messiaen, in Conversazioni con Brigitte Massin).

Nell’elaborazione dei disegni ritmici di Cinq Rechant convergono elementi di natura e provenienza diverse. Le figurazioni della prosodia metrica greca, i ritmi (tâla) della musica indiana, il canto gregoriano (nella tipologia sillabica e melismatica), l’isoritmia (tecnica in uso nei mottetti del XIV e XV sec.), i canoni ritmici con entrate a stretta distanza, i pattern ritmici (non retrogradabili, o con varianti per aumentazione e diminuzione), le stratificazioni poliritmiche d’influenza stravinskiana.
Vediamoli nel dettaglio.

La metrica greca.
Sappiamo che alla base degli schemi metrici della prosodia classica greca c’è l’alternanza delle vocali lunghe e brevi. La quantità delle sillabe è “tradotta” nella scrittura musicale di Messiaen con i valori e e x. Ne derivano le unità metrico-ritmiche, dette piedi. Nel seguente esempio notiamo la successione di dattilo ( ¯ ˘ ˘ ), trocheo ( ¯ ˘ ) e spondeo ( ¯ ¯ ) (fig. 1)

Il canto gregoriano.
L’influenza del canto gregoriano non è evidentissima. Non abbiamo riscontri di utilizzo letterale di formule neumatiche. C’è piuttosto la tendenza a costruire le melodie, ricalcando i contorni melodici tipici della melopea gregoriana, sia nella sua tipologia melismatica, che in quella sillabica. L’esempio che segue, richiama il declamato di una salmodia (con cadenza conclusiva), accompagnato da un contrappunto in falso bordone per tritoni dei bassi (fig. 2)

I ritmi hindu.
La citazione di ritmi hindu (tâla), tipici della musica delle differenti province dell’India, costituisce uno dei luoghi più frequenti della ritmica di Messiaen. In Cinq Rechant, questi ritmi sono associati alle sillabe in pseudo-sanscrito (come si è detto, una pseudo-proto-lingua inventata dallo stesso compositore). Molti suoi allievi hanno identificato la frase sotto riportata (successione di tala râgavardhana + candrakalâ + laksmîça), come la “firma ritmica” di Messiaen. Una sorta di segno dal valore teologico, esotico ed esoterico, che egli introdusse in ben undici delle sue opere maggiori (fig. 3)

Pattern isoritmici.
Dagli antichi mottetti del XIV e XV secolo, Messiaen riprende la tecnica delle taleae isoritmiche, alle quali sovrappone formule ritmiche ostinate. Ecco una stratificazione poliritmica assai complessa (fig. 4).

Ritmi per diminuzioni, aumentazioni, e ritmi non retrogradabili.
È facile individuare tra le pagine dei Cinq Rechants passaggi in cui Messiaen utilizza alcune delle tecniche di alterazione ritmica, dettagliatamente teorizzate nella Technique de mon langage musical (il breve e assai noto trattato, al quale rimandiamo la lettura). Il couplet del Rechant III si sviluppa sulla base di queste varianti. Nel primo esempio (fig. 5), constatiamo le diminuzioni e le aumentazioni, che sono applicate a una cellula ritmica. Nel secondo esempio (fig. 6), riportiamo le variazioni per aumentazione, alle quali è sottoposto un ritmo di natura non retrogradabile.

Canoni.
Nel Rechant III uno spettacolare effetto squarcia il tessuto vocale in chiusura del terzo couplet. Le dodici voci s’infilano in cascata, una dietro l’altra, in rapidissima sequenza. È un canone alla seconda, stretto (a distanza di croma). Una grande amplificazione dell’immagine letteraria del couplet: «toute la beauté paysage neuf». È una virtuosistica sventagliata di suoni (fig. 7), che s’arresta con una pausa generale e poi deflagra in un clamoroso accordo dissonante di nove suoni (fig. 8). Non si può affermare con certezza, ma questa esplosione sonora, che giunge al culmine di un climax incalzante («sari, sari» è l’insistente espressione parlata in pseudo-sanscrito dei soprani; «yoma, yoma» rispondono le altre voci), potrebbe raffigurare il travolgente abbraccio che suggella l’unione erotica tra Tristano e Isotta.

Messiaen mantiene lo stesso testo sia nei couplets, che nei rechants.
Le ripetizioni di strofe e ritornelli presentano un accrescimento della complessità musicale (variazioni, estensioni), o accumulo di nuovi livelli sonori.
Si ascolti la suggestiva terza ripetizione del rechant nel primo pezzo («les amoureux s’envolent», pittura sonora), con la sovrapposizione del canone ravvicinato dei tre soprani a bocca chiusa (fig. 9).

Sul piano armonico si coglie la tendenza a privilegiare colorature diatonico-modali di sapore impressionistico, debussyane. S’apprezzi la gradevolezza del passaggio, dove si alternano accordi diminuiti e la cadenza sull’immancabile triade maggiore in secondo rivolto, con la sixte ajoutée (fig. 10), o la dolcezza del movimento di ninna nanna, in un contesto armonico di quartenakkord (fig. 11).

I Rechant I, III, e V si aprono con un’introduzione. Tutti si chiudono con una coda. Il terzo Rechant si chiude con una citazione dal VI movimento della Turangalîla-Symphonie, “Jardin du sommeil d’amour” (fig. 12). Dopo che le voci in omoritmia hanno cantato «tous les philtres sont bus ce soir» (altro riferimento alla leggenda di Tristano e Isotta), il primo soprano solo, intona un melisma, che, per l’appunto, è ripreso da una frase del flauto contenuta in Turangalîla. Le voci sottostanti tengono un accordo di mi maggiore, ancora una volta in quarta e sesta, con la sixte ajoutée (fig. 13).

Ho iniziato l’articolo dicendo che Cinq Rechants s’inquadra bene nell’ottica di Nova et Vetera. Trasmutazione di elementi arcaici in un linguaggio musicale moderno. Aggiungo, in conclusione, che, in apertura del quinto pezzo della serie, si dice: «tes yeux voyagent». “Misteriose” voci rispondono: «dans le passé». Ma in conclusione, la loro risposta è: «dans l’avenir». Sono gli occhi della Ligeia di Edgard Allan Poe?

Cinq Rechants è stata eseguita per la prima volta nel 1949, presso la parigina Salle Érard, dall’Ensemble vocal M. Couraud (il celebre complesso, al quale il lavoro è stato dedicato), sotto la direzione dello stesso Marcel Couraud.

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