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Sole, scherzavo
di Andrea Basevi Gambarana

Di Stefania Piccardi
Dossier Compositore, Choraliter 48, dicembre 2015

Tra scherzi e indovinelli, giochi di prestigio e sfide al lettore, Sole, scherzavo è una raccolta di rime che, insieme a Io mi ricordo e a Quieto Patato, completa una preziosa trilogia. Il poeta Roberto Piumini, funambolo della parola, è autore dei versi che danno il titolo all’opera, articolata in sette strofe, alla quale il poliedrico compositore Andrea Basevi dona voce, con la leggerezza tipica del suo stile mai superficiale.

Sole, scherzavo

Ma come si permette questo sole
di accecarmi lo sguardo?
Cosa vuole,
salendo tanto in alto piano piano
che, per quanto mi spinga in punta di piedi,
sono sempre più nano?

Perché mi strappa e per terra distende
una figura del mio corpo intero
che, come sangue somigliante e nero,
mi balla intorno e non si rapprende?

Chi l’ha chiamato il sole dall’Oriente?
Sole, scherzavo.
Sole non andare.
Se ti allontani, vedi, più lontana
dall’altra parte anche l’ombra si tende.

Non spegnerti nel rosso di Occidente
fiamma rotonda e chiara, palla fiore,
non diventare bruna.

Resta su, mongolfiera felice,
a cui m’appendo per viaggi d’amore.
Sole, non mi lasciare con la luna
che ti specchia ma fredda lassù tace.

Basevi musicò nel 2005 il testo della composizione Sole, scherzavo per voci pari; la sua opera è stata recentemente pubblicata nella raccolta 6 Little Madrigals.
Proprio in quell’anno ascoltai per la prima volta un’ottima esecuzione di questo brano e subito rimasi catturata dalla vivacità e naturalezza nell’espressione degli esecutori e dal racconto musicale così chiaramente illustrato. Considerai da subito questo brano una meta ambiziosa; il coro Aurora non esisteva ancora! Dopo dieci anni di percorso corale insieme alle bambine di allora, giovani diciottenni oggi, ho creduto che lo studio di queste dense pagine musicali potesse essere affrontato con serenità e consapevolezza.
Le sonorità della scrittura compositiva di Sole, scherzavo evidenziano così profondamente il testo in tutte le sue sfumature, che lo stesso ha avuto bisogno di essere vissuto in prima persona da ciascun cantore. Ci siamo così immedesimate nelle immagini musicali, cercando di superare le difficoltà tecniche presenti, interpretandole con presenza e vivendole con convinzione, divertimento e soprattutto con la giocosa leggerezza che due autori come Basevi e Piumini hanno saputo magistralmente descrivere.
L’affetto che mi lega a questa composizione mi spinge a condividere alcune note e riflessioni dettate dalla mia esperienza, con l’auspicio che altri esecutori possano goderne la bellezza anche attraverso un’altra chiave di lettura. In questo brano, aspetti del madrigale aulico, come lo stile imitativo e la vivacità delle figure retoriche, sembrano compenetrarsi con i ritmi danzanti e i moti di quinte parallele tipici delle canzonette e delle villanelle alla napolitana, dando vita a quadri sonori viventi dove l’espressione comunicativa è immediata. La forma si articola in base al testo, in vari episodi differenti, dove la musica aderisce strettamente tanto all’accentuazione delle parole quanto alle immagini visive.
Lo stile adottato da Andrea Basevi si ispira esplicitamente a quello monteverdiano, in una sorta di rivisitazione della seconda prattica, da cui scaturisce un uso personale della dissonanza: il compositore spesso la prepara, producendola come nota di volta o di passaggio che proviene e prosegue per grado congiunto. Abbondano peraltro le settime non preparate, che generano l’effetto di un’armonia dal sapore moderno puramente diatonico.
Nel brano non è presente una sola tonalità ma piuttosto più modalità. L’inizio sembrerebbe essere in quella dorica mentre in seguito vengono utilizzati altri modi (eolio, frigio e così via) che caratterizzano le linee melodiche di ogni sezione.
La prima frase, omoritmica, è molto declamata e richiede da subito un’interpretazione intensa che sottolinei il testo: è indispensabile nell’esecuzione un’accurata pronuncia delle consonanti e una scansione ben articolata delle singole parole. La nota lunga e le successive note veloci precipitate, rappresentano un momento di arrabbiatura del protagonista, così come la poesia suggerisce. 

Questa immagine sonora si ripete due volte, come a sottolineare lo stato d’animo molto inquieto di chi parla.
Seguono poi episodi imitativi in stile contrappuntistico (mis. 10-13) disegnati dalle due sezioni estreme, dove la frase, salendo tanto in alto piano piano, è affidata alla voce centrale che sale. È necessario dare risalto alla figura retorica, evidenziandola nell’esecuzione con estrema precisione, ma ponendo massima attenzione a mantenere il giusto equilibrio con le altre voci nei diversi disegni contrappuntistici, che sembrano quasi giocare con il madrigalismo della voce centrale. 

Anche nel verso in punta di piedi c’è un velato madrigalismo con note corte subito ampliate, in maniera tale da preparare il ritorno della figura iniziale.
La frase si conclude con un accordo dissonante (mis. 16) che nello stile di Basevi arriva sempre dolcemente, in questo caso per grado; una caratteristica compositiva che sottolinea una visione moderna e personale tra la prima e la seconda prattica monteverdiana.
Nella figura iniziale ripresa (mis. 17), la parola si fa più articolata e la scrittura serrata, così da richiedere un’interpretazione ancora più intensa e attenta che sottolinei una sorta di timore e inquietudine di tutte e tre le voci.
L’intonazione e la corretta pronuncia del testo richiedono molta cura da parte degli esecutori anche nei salti in crome del verso che come sangue somigliante e nero.

La terza ripresa della figura iniziale (mis. 27) è molto addolcita, quasi non si riconosce all’ascolto; è come se il protagonista bambino, che era adirato, usasse gli stessi modi ma in maniera più dolce. D’improvviso nelle misure successive (30-34), in un carattere completamente diverso, il bambino-poeta si rivolge al sole scusandosi, gli rivela che il suo era uno scherzo, un gioco e gli chiede di non andare via, quasi supplicandolo. E la musica segue con estrema efficacia la richiesta. 

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Nell’espressione non spegnerti (mis. 40) tutto sembra placarsi attraverso le linee arpeggiate di settime discendenti, che sono un altro elemento peculiare dello stile di Basevi molto presente anche in questa composizione. Il successivo trasformarsi degli arpeggi in accordi evidenzia anche armonicamente l’immagine della fiamma rotonda e chiara. L’apice della frase (mis. 45-46) è infatti costruito per mezzo di quinte parallele ascendenti e insistenti, tipiche della villanella, di difficile esecuzione ma dall’effetto sonoro ed espressivo assolutamente efficace.

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Dopo questo episodio così intenso ritorna la figura iniziale (mis. 49) che si trasforma in una sorta di preghiera da sognare insieme. Nel successivo sole non mi lasciare (mis. 55), riprende un carattere danzante, sempre con figure arpeggiate, che richiama la stessa linea melodica già introdotta nell’episodio a misure 31 e 32 con settime discendenti. Nella chiusa finale (mis. 60-67) le terze, una volta scese, risalgono insieme seguendo la parola lassù. Il madrigale termina con la ripetizione, nuovamente in discesa, del materiale accordale inframmezzato da pause, che sottolineano il freddo rispecchiarsi della luna nel sole e la parola tace.

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