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La parola ai coristi

di Rossana Paliaga
dossier "L'Europa che canta", Choraliter 50, agosto 2016

Il questionario on-line di Singing Europe è stato utilizzato per raccogliere informazioni più dettagliate sulla vita dei cori in Europa. Il suo scopo è stato scoprire qualcosa in più sui diversi gruppi e la loro organizzazione. Il questionario è stato rivolto a ogni genere di gruppi senza limitazioni. Per definizione, questo sondaggio è stato qualitativo, non rappresentativo. Tuttavia ha dato modo di scoprire caratteristiche che possono modificare la nostra immagine del canto corale. I risultati di un questionario on-line dipendono anche dal suo background tecnico, prima di tutto considerando che alcuni gruppi della popolazione possono non essere stati raggiunti. Il secondo fatto da valutare è che ad ogni modo non sarebbe stato possibile raggiungere tutti i gruppi corali europei, anche se la rete di European Choral Association - Europa Cantat e del voice Project ha contribuito molto a diffondere il questionario. Quest’ultimo è stato diffuso anche attraverso i social media e in particolare facebook.

Il questionario è stato rivolto ai gruppi, non a singoli coristi o direttori, per ottenere risposte riguardanti entità collettive. Le 35 domande sono state tradotte da volontari in 23 lingue. Tra luglio 2013 e ottobre 2014 sono stati compilati oltre 4000 questionari. Per numero di cori rappresentati e risposte le migliori campionature sono state quelle fornite da Slovenia, Ungheria, Belgio, Svizzera e Repubblica Ceca. Il 52% delle risposte riguarda adulti dai 26 ai 65 anni di età, il 19% bambini fino ai 15 anni, il 16% giovani tra i 16 e i 25 anni, il 13% gli over 65 (inferiorità numerica dovuta principalmente al mezzo utilizzato per il sondaggio).
Tra i dati non numerici più interessanti vanno evidenziate le risposte alla domanda sulle motivazioni che spingono le persone a cantare in coro. I risultati dimostrano che svago, benessere e socialità sono obiettivi importanti e che cantare davanti a un pubblico è un obiettivo altrettanto condiviso. Metà dei cori considerati prova a raggiungere un livello performativo alto ed è consapevole del tipo di lavoro necessario per raggiungere lo scopo.

Le risposte al questionario hanno contribuito ad affinare le statistiche derivate dalle ricerche, ma hanno offerto in primo luogo uno sguardo fondamentale sull’organizzazione interna dei gruppi, con risultati come questi:

  • Circa due terzi dei direttori di coro sono pagati per prove e concerti.
  • Alcuni cori hanno fornito i propri bilanci annuali, in media 7000 Euro. Questa somma non rappresenta tuttavia il reale impatto economico del canto corale, dato che una buona parte dei costi viene coperta direttamente dai coristi.
  • Le prove si tengono negli spazi di istituti scolastici o musicali (39%), edifici religiosi (20%), centri comunitari (19%), con una durata media di due ore a settimana.
  • La maggior parte dei gruppi utilizza una combinazione di partiture originali e fotocopie, ma si nota anche la comparsa dell’uso di partiture digitali.
  • La dimensione sociale (integrazione e socializzazione) interessa il 90% dei cori, che esprimono la volontà di contribuire all’integrazione dei coristi, con un quarto dei cori che si impegna anche nel coinvolgimento di persone disabili o con handicap. Questo risultato dimostra quanto il canto corale trascenda i limiti della forma d’arte, diventando una vera attività sociale che permette alle persone di dedicare tempo e impegno al conseguimento di obiettivi comuni, sia a livello individuale che collettivo. 

I professionisti nei gruppi amatoriali 

La maggior parte dei gruppi riunisce coristi amatoriali non retribuiti, con meno del 3% dei cori che paga i coristi per le prove. Questa è un’attività genericamente finanziata dai partecipanti stessi, oppure da istituzioni attive in campo pedagogico, sociale, culturale o religioso. I coristi prevalentemente amatoriali lavorano tuttavia con personale prevalentemente professionale, in particolare per quanto riguarda i direttori. 

Il gruppo lavora con professionistisempre
qualche volta
mai
direttori
88,0%
  5,5%
  6,6%
strumentisti
16,6%
71,3%
12,1%
vocalisti e/o vocal coach 
19,1%
46,2%
34,7%
insegnanti di danza, coreografi o registi di palco
  1,8%
21,6%
76,6%

Nei questionari vengono menzionati inoltre altri gruppi di professionisti che collaborano con i gruppi corali amatoriali, tra i quali solisti, compositori, attori e presentatori, orchestre, bande, compagnie di danza, gruppi folk. Per quanto riguarda la retribuzione, i direttori lavorano a titolo gratuito in un terzo dei casi

Dove si prova?

Il luogo più diffuso per provare sono gli istituti scolastici (28%), seguiti da edifici religiosi (20%) e centri comunitari (19%). Vengono utilizzate anche scuole di musica, case private, teatri o sale da concerto. Nella categoria “altro” sono comprese risposte più insolite: posti di lavoro, case di riposo, bar, luoghi all’aperto, musei, negozi. In genere si prova circa 3 ore e 15 minuti a settimana, ma la media va stimata intorno alle 2 ore settimanali. 

Spese

I dati riguardanti il budget a disposizione dei cori per la loro attività mostra ampie differenze di paese in paese. La stima è stata realizzata sulla base delle risposte fornite da 342 gruppi, quindi si tratta di risultati indicativi. Ai vertici delle statistiche ci sono Norvegia (oltre 18.000 euro a disposizione), Svizzera, Francia e Germania, tra i paesi che possono investire meno nell’attività corale invece Slovenia, Polonia e Ungheria. L’Italia si assesta su una media annuale di 4000 euro.
È stato chiesto inoltre ai cori di indicare il tipo di materiale musicale utilizzato (cartaceo, digitale, originale o in fotocopie). L’utilizzo della carta è ancora la norma e la maggior parte dei cori utilizza un misto di partiture “legali” e fotocopie.
Il budget medio per l’acquisto di materiale musicale è di 358,95 euro (ma va triplicato nei cori che utilizzano esclusivamente materiale originale).
I tablet vengono utilizzati in casi isolati, tuttavia il 12,5% dei gruppi considerati utilizza questo mezzo.  

Conclusioni e prospettive

I risultati di Singing Europe hanno dimostrato quanto la popolazione corale europea sia ampiamente maggiore rispetto a quanto stimato precedentemente. Questi dati dovrebbero portare a un cambiamento di approccio. Un’attività che coinvolge il 4,5% della popolazione del continente e procura intrattenimento e un accesso alla cultura aperto a un pubblico molto ampio non meriterebbe infatti un maggiore riconoscimento? I coristi stessi non dovrebbero forse sentirsi arricchiti e incoraggiati dall’appartenenza a una famiglia così allargata che condivide valori positivi come la cooperazione, la disciplina nel lavoro collettivo, l’attenzione per gli altri, operazioni culturali? In un mondo che sta riesaminando il reale valore di individualismo, competitività e consumismo, il canto corale offre un modello collaudato di sviluppo attraverso un’attività condivisa, non commerciale, basata sulla collaborazione e che oltretutto utilizza come materiale di costruzione uno strumento musicale a costo zero e che ognuno possiede: la voce. 
Singing Europe ha dimostrato inoltre che la pratica del canto corale non sta scomparendo velocemente, come alcuni temevano, ma sta attirando un numero più alto di giovani di quanto non si credesse. Questo rinnovamento generazionale porta un’evoluzione nel tipo di struttura dei cori e gruppi e nel modo in cui i coristi si relazionano al gruppo. In contraddizione con l’immagine di cori di anziani che si riuniscono per passare il tempo, la coralità dimostra di essere una forma d’arte vitale, abbracciata da una nuova generazione di coristi che stanno sviluppando un nuovo modo di interagire. L’attività corale di una persona può iniziare molto presto e i dati confermano che questo può essere un forte incentivo a continuare per tutta la vita. Numerosi studi scientifici dimostrano inoltre che cantare da bambini è uno strumento educativo che si traduce chiaramente in risultati accademici, a prescindere da origini sociali o culturali.
La musica corale contribuisce all’integrazione sociale, allo sviluppo personale e professionale, all’accesso a forme d’arte e i suoi vantaggi possono essere implementati con costi relativamente bassi in termini di infrastrutture e investimento. Censire e descrivere l’attività dei gruppi corali in Europa è il primo passo in una strategia che mira a diffondere la musica corale presso un pubblico più ampio e attivo. Una migliore conoscenza del panorama corale europeo è il prerequisito per individuare i riferimenti più naturali per raggiungere questo obiettivo. 

La coralità in Italia (2015)

Secondo lo studio effettuato dall’Istituto Ixè per conto di Feniarco nel 2015, in Italia canta il 4,5% della popolazione, un dato che si traduce in circa tre milioni di coristi. A livello di genere, il 57% dei coristi sono donne, il 43% uomini. Amicizia e socialità sono le motivazioni principali che spingono a cantare in un coro, come dimostrato da questo grafico che riassume i risultati di un sondaggio, nel quale è stato chiesto di rispondere alla domanda: a cosa ti fa pensare la parola “coro”?

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