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Educazione somatica
La respirazione e il metodo Feldenkrais®

di Mara Della Pergola
dossier "Il pilastro del canto", Choraliter 60, gennaio 2020

La respirazione è una funzione vitale presa in considerazione da molte discipline corporee. Chiunque può migliorare il proprio modo di respirare, ma il miglioramento per stabilizzarsi dev'essere poi integrato spontaneamente nelle attività quotidiane. La peculiarità dell’approccio di Moshe Feldenkrais, creatore del metodo di educazione somatica che porta il suo nome, è che non si insegna come respirare nel modo “giusto”, non si propongono esercizi respiratori e non si corregge il respiro spontaneo dell’allievo.

Grazie a una ricca varietà di lezioni collettive di Consapevolezza attraverso il movimento® e individuali di Integrazione Funzionale®, il metodo Feldenkrais permette di percepire i collegamenti funzionali tra tutte le parti del proprio corpo, e di sentire concretamente la relazione dinamica tra la postura, l’azione che si compie e il respiro. Questa particolare esperienza motoria accresce la consapevolezza, migliora la respirazione e l’emissione della voce.
Dopo essermi formata direttamente con Feldenkrais negli Stati Uniti nei primi anni Ottanta, insegno questo metodo da trentacinque anni in Italia e all’estero e a mia volta formo insegnanti Feldenkrais. Ho lavorato con cantanti, musicisti, attori e performer e ho potuto verificare l’importanza di riconoscere le proprie abitudini motorie e respiratorie per poi arricchirne la qualità e sperimentare un respiro libero. Un respiro che occupi tutti gli spazi disponibili e sia sempre in sintonia con i diversi gesti.

Se osserviamo un neonato, ci sembra che respiri con tutto il corpo, come se i suoi polmoni potessero raggiungere i piedi e le mani. Non è così per gli adulti. Che cosa influenza il nostro respiro?
Certamente una tensione muscolare costante o improvvisa, dettata da sforzi, da pensieri o emozioni. Ma a limitarci è anche la mancanza di consapevolezza della nostra postura e delle diverse parti del torace coinvolte in ogni respiro. Il torace, sede e protezione dei polmoni, è composto da dodici coste, dodici vertebre e dallo sterno.
Ogni nostro respiro trasmette dunque movimento a tutte le articolazioni, cambiando leggermente la forma del torace. Il diaframma, la cupola muscolare alla base del torace, si contrae e si appiattisce quando inspiriamo, mentre lascia andare e sale quando espiriamo, ed è collegato posteriormente alle vertebre lombari, perciò a ogni suo movimento tutta la colonna vertebrale “sente” che stiamo inspirando, espirando o che siamo in apnea. Purtroppo la percezione comune del torace è condizionata dalla definizione di “gabbia toracica” o di “cassa” e dunque il torace viene generalmente considerato una struttura poco mobile e viene utilizzato come tale.
È facile cambiare questa immagine imprecisa e riduttiva. I polmoni sono come spugne che occupano tutto lo spazio disponibile: dove c’è flessibilità, c’è accoglienza per i polmoni, dove invece c’è rigidità si crea un limite, una barriera. Si respira meglio se lo scheletro è flessibile e, d’altro canto, la postura migliora se si ricrea spazio per il respiro, permettendo un passaggio di aria perfettamente modulabile per l’emissione della voce.

Proviamo tre lezioni per diventare più consapevoli del respiro:

  1. Portiamo l’attenzione all’aria che entra dal naso e notiamo che riempie spazi ben definiti. Le fasi dell’inspirazione e dell’espirazione sono diverse tra loro, si allungano o si accorciano l’una rispetto all’altra in accordo con l’attività svolta. Quando parliamo o cantiamo l’espirazione è più lunga dell’inspirazione e l’opposto accade quando dormiamo.
  2. Sdraiamoci a terra o sediamoci su una sedia e posiamo le mani via via sulle diverse parti dell’addome e del torace; sentiamo quali parti si muovono mentre respiriamo e in quali direzioni ci espandiamo maggiormente. Osserviamo per qualche minuto con calma e senza forzare il respiro.
  3. Poi accentuiamo l’espirazione contraendo tutto l’addome e alla fine lasciamolo andare lentamente per far entrare l’aria passivamente. Sentiamo allargarsi i volumi senza intervenire attivamente sull’inspirazione. Ripetiamolo più volte.
  4. Espiriamo accentuando la contrazione e l’appiattimento del torace. Possiamo aiutarci comprimendolo con le mani. Lasciamo poi entrare l’aria, osserviamo i volumi e ripetiamolo più volte. 
  5. Ora rompiamo gli schemi abituali ed espiriamo più volte mantenendo il torace espanso e poi facciamo lo stesso mantenendo l’addome espanso e voluminoso. 
  6. Osserviamo com’è ora il respiro.
  7. Immaginiamo di avere due palloncini, uno nell’addome e uno nel torace. Respiriamo normalmente, manteniamo quell’aria senza espirare, ma passiamola molte volte da un palloncino all’altro attivando la muscolatura. Senza inspirare nuova aria e senza mai forzare. 
  8. Abbiamo recuperato nuovi spazi per il respiro? Come stiamo in piedi?

Questa esperienza ci fa percepire la tridimensionalità e quanto spazio abbiamo nel torace. Quando alla fine ci rimettiamo in piedi notiamo un immediato effetto sulla postura.
Il sistema nervoso si auto regola per lavorare al meglio in base alle informazioni che riceve. Nuove informazioni creano nuovi schemi motori, nuove possibilità.

Ecco una seconda esplorazione:

  1. Siamo sdraiati sulla schiena o seduti sulla sedia, seguiamo il percorso dell’aria che entra dal naso e si dirige verso la trachea e poi va solo verso il polmone destro. Immaginiamo che l’aria venga attirata all’apice del polmone verso la spalla e nell’ascella destra. Seguiamo più volte solo il percorso dell’inspirazione, che è leggera, e non quello dell’espirazione.
  2. Continuiamo a seguire il percorso del respiro solo a destra, ma immaginiamo che l’aria venga attirata in basso verso il diaframma. Più volte.
  3. Colleghiamo l’apice del polmone con la base e immaginiamo che l’aria sia attirata a destra verso l’alto e verso il basso come in un palloncino lungo. Più volte.
  4. Respiriamo sempre a destra e immaginiamo che l’aria sia attratta al centro del polmone dalla colonna verso le coste di destra. Più volte.
  5. Poi mandiamo l’aria sempre a destra, ma in avanti verso il petto e indietro verso il pavimento o lo schienale della sedia.
  6. Riposiamo e sentiamo se ci sono differenze tra i due lati del corpo e come respiriamo. Giriamo la testa nelle due direzioni, c’è una preferenza?
  7. Ora pensiamo all’espirazione e immaginiamo che il polmone destro si stacchi dal torace, dal diaframma, dall’ascella e dalla spalla. Lo facciamo più volte e osserviamo come stiamo.
  8. Infine lasciamo andare e recuperiamo lo spazio allargando il respiro a tutto il lato destro del torace.
  9. In piedi paragoniamo i due lati. Si può ripetere tutto sul lato sinistro.

Una volta individuato lo spazio all’interno del torace è però importante far sentire quanto il respiro sia intrecciato ai gesti, ai pensieri e alle emozioni. Per esempio, nell’attimo in cui ci pieghiamo per raccogliere un oggetto o per allacciare le scarpe converrà inspirare o espirare? Proviamo nei due modi e decidiamo in base alla facilità del gesto. Ricordiamoci che nell’espirazione siamo più flessibili perché i muscoli sono meno contratti. Quando poi ci sentiamo insicuri o in pericolo, tutta la muscolatura si contrae immediatamente e non ci fa muovere, il respiro allora diventa superficiale, perché è limitato dall’eccessiva attività muscolare del torace e del collo, dell’addome, del pavimento pelvico e della schiena. È una reazione istintiva che in origine ha a che fare con la sopravvivenza: il momento di massima contrazione da paura precede l’attimo in cui ci si slancia per fuggir via. Precede anche l’esplosione dell’urlo.
Questa reazione istintiva e momentanea può però tramutarsi in abitudine inconsapevole e influire sulle abitudini respiratorie. La persona ansiosa, è sempre all’erta e respira come se potesse costantemente verificarsi un imprevisto. Ha un respiro alto e sottile, che alla lunga può essere faticoso. Se però si riesce a respirare nell’addome profondo, liberando il pavimento pelvico e la gola, il respiro recupera subito i suoi ritmi e volumi e lo stato d’animo si trasforma.

Pensiamo infine all’emissione della voce, che a volte risulta strozzata, poco potente o forzata. Ciò può essere messo in relazione con una tensione dei muscoli del collo, e può implicare una tensione eccessiva della lingua, della muscolatura del cranio e dell’articolazione temporo-mandibolare, influenzandone l’attività regolare e creando un’immagine molto ridotta dello spazio all’interno alla bocca.
La contrattura del collo può essere collegata anche a una tensione inconsapevole delle spalle, che impedisce alle scapole di muoversi, ed è come se si incollassero alla schiena limitando il respiro nella schiena e sui lati.

Un’ultima esplorazione:

  1. Siamo sdraiati sulla schiena, con le gambe piegate e i piedi a terra. Abbracciamoci mettendo la mano destra nell’ascella sinistra e il braccio sinistro sopra il destro con la mano sinistra sulla scapola destra. Le braccia non sono incrociate ma parallele.
  2. Con la mano destra solleviamo la spalla sinistra come per girarci verso destra e riportiamo la spalla a terra. Lasciamo che la parte alta delle schiena si sollevi e che la testa rotoli a destra insieme alle spalle. Più volte.
  3. Lo stesso verso sinistra: la mano sinistra solleva la spalla destra e fa rotolare la parte altra della schiena e la testa verso sinistra più volte.
  4. Alterniamo i due movimenti più volte accelerando con delicatezza e rallentando.
  5. Lasciamo andare abbassiamo le braccia e osserviamo come sono le spalle, come rotola la testa e com’è il respiro. Ci mettiamo in piedi e osserviamo come sono le spalle, le braccia e il respiro.

Le lezioni Feldenkrais® esplorano le relazioni tra le parti in gioco: danno spazio lì dove si è ridotto e ricreano rapidamente quei volumi elastici, che rendono piacevoli i diversi gesti o azioni. Bene lo sanno coloro i quali hanno problemi respiratori o tensioni di altra natura, ma anche gli attori e i cantanti che praticando il metodo riscoprono una voce naturale più modulata e ricca di sfumature.

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