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Quale diapason indosso oggi?

di Walter Marzilli
dossier "Prima di cantare", Choraliter 56, settembre 2018

Se è soltanto una questione di gusti la scelta più comune e diffusa cade su quello a 440 Hz. Ma siamo sicuri che sia anche quella più valida? In fondo si tratta di una soluzione molto più recente di quanto si pensi, e per questo la sua collocazione nelle musiche del passato risulta inopportuna.

In effetti la legge che obbliga gli esecutori ad adottare l’altezza di 440 Hz risale al 1989. [Legge 1218, X legislazione, Settima Commissione, presidente Bompiani. Fu già discussa e rimandata il 27 ottobre e il 9 novembre 1988. La seduta definitiva di approvazione avvenne il 2 febbraio 1989, e durò dalle 10:20 alle 11:30. I legislatori indicavano anche la temperatura di riferimento: 20 gradi centigradi. Si tenga presente che per ogni grado centigrado in più si ha un innalzamento pari a 0.8 Hz].
E si badi che l’imposizione vale solo per gli «istituti di istruzione musicale e per le istituzioni e organizzazioni, comunque sovvenzionate dalle Stato o da enti pubblici, che gestiscono o utilizzano orchestre o altri complessi strumentali, e all’ente concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo» (art. 2). I legislatori partirono da una proposta di legge che all’articolo 1 prevedeva l’adozione del diapason a 432 Hz. Era il diapason amato da Verdi (che di voci se ne intendeva!), e in epoca più recente da Giulini e Gavazzeni, proposto dal Congresso di Milano del 1881 e adottato dal Ministero della Guerra per le bande militari italiane. Rispetto a questo fatto alcuni affermano che sarebbe stato Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda del Terzo Reich, a innalzare il valore del diapason delle bande militari tedesche a 440 Hz, per meglio incitare il popolo.

Durante la presentazione della proposta di legge fu preso in considerazione anche quello a 435 Hz, proposto dalla Francia nel 1858 e adottato in Europa dal Congresso di Vienna del 1885. Di contro venne citato il diapason di von Karajan a 447 Hz, e varie situazioni in cui si arrivava persino a 450 Hz e oltre. Nel 1857 al Teatro alla Scala di Milano si arrivò a 451.7 Hz. Nello stesso anno a Londra si giunse a 456.1 Hz, e nel 1862 a Vienna si raggiunsero i 466 Hz (misurazioni di Alexander Ellis). Durante la discussione in aula la soluzione definitiva prese la direzione accomodante della mediazione tra i valori estremi, soprattutto perché si sentì la necessità di uniformarsi al valore di 440 Hz che gli altri stati europei avevano già proposto nel 1939 e ufficializzato nel 1955.
Con l’orchestra il valore di 440 Hz in realtà è solo nominale. Intanto bisogna dire che le orchestre cercano sempre un’accordatura iniziale a 442 Hz, per aumentare la brillantezza del suono. Ma ciò che è più problematico è che i fiati quando si scaldano crescono di 3 Hz, mentre gli archi calano di 2 Hz. Un bel conflitto di intonazione, da sanare con un bel vibrato di tutti gli strumenti! In qualunque musica per coro e orchestra il problema si riversa tutto sul coro: nei passaggi con predominio di fiati deve cantare a 445, in quelli con prevalenza di archi deve scendere a 440. Anche in questo caso si risolve tutto con una ricca dose di vibrato nelle voci del coro, con buona pace dell’intonazione!

Si dice normalmente che anche il tu-tu del telefono fisso sia normalizzato a 440 Hz, mentre quello dei cellulari si attesta intorno al sol diesis. In realtà anche quello dei telefoni fissi si muove tra la e sol diesis. È interessante inoltre notare che lo scambio di polarità nella corrente alternata in Italia avviene con un frequenza di cinquanta volte al secondo, cioè 50 Hz, mentre in America ciò avviene con una frequenza pari a 60 Hz. Se i fili elettrici emettessero un suono udibile, in Italia sentiremmo continuamente un sol grave appena crescente (sol = 48.99 Hz), e in America un si grave appena calante (si = 61.73 Hz). Ma non è detto che questo grave brontolio costante che ci circonda giorno e notte, dato dalla fitta rete elettrica che avvolge le nostre case, uffici ecc., non abbia una qualche influenza inconsapevole sul nostro comportamento sonoro…
Usare il pianoforte durante le prove corali: sì o no? Intanto se lo si fa vuol dire che si è deciso di assestarsi su un “normale” 440. Ma ciò che più conta è che, dando al coro l’intero accordo arpeggiato al pianoforte (come spesso succede anche nei concorsi) ci si conforma intorno a una intonazione temperata che ha tutti gli intervalli calanti (eccetto il quarto grado che cresce di 2 Hz) rispetto per esempio alla scala pitagorica. Questa è in grado di dare una particolare lucentezza al suono corale, con le seconde, le terze, le quinte, le seste e soprattutto le sensibili crescenti in varia misura rispetto ai suoni del pianoforte. La scala temperata del pianoforte potrebbe allora non essere la soluzione migliore. Nel Rinascimento fino a tutto il Settecento era profondamente odiata e ripudiata, e nell’Ottocento si fece strada anche un forte ritorno alla scala pitagorica.

L’altezza del diapason nel passato è sempre stata molto variabile. Un antico organo inglese del 1720 è intonato a 380 Hz, mentre gli organi di Bach a Lipsia e Weimar salivano addirittura fino a 480 Hz. L’organo di Trinity College di Cambridge, misurato da R. Smith nel 1748, risultava a 400.8 Hz in agosto, 391.8 Hz in settembre e 379.8 Hz in novembre (Patrizio Barbieri, Il corista bolognese…, in L’Organo, Anno XVIII, Bologna 1980, p. 21). È consueto (ma è legittimo per ogni autore e area geografica?) eseguire la musica barocca a 415 Hz, circa un semitono sotto al diapason moderno. È noto anche che ogni città aveva una prassi legata ad altezze diverse. Tosi nel 1723 consiglia ai cantanti di esercitarsi con il tono di Lombardia e non quello di Roma, per conservare la voce negli acuti (P.F. Tosi, Opinioni de’ cantori antichi e moderni…, Bologna 1723, p. 16). Ma dopo appena cinquanta anni la situazione sembra invertita se Paolucci scrive che il tono lombardo è più alto di una terza minore rispetto a quello di Roma (G. Paolucci, Arte pratica di contrappunto, Venezia 1772, p. 174)! Nel 1885 Grassi Landi scrive che il corista di Santa Maria Maggiore e San Giovanni Laterano a Roma era 435 Hz, mentre quello della Cappella Sistina in San Pietro era un semitono più basso e quello della Cappella Giulia un tono più basso (B. Grassi Landi, L’armonia dei suoni col vero corista o diapason normale, Roma 1885, p. 19). Inoltre abbiamo visto all’inizio i valori raggiunti a Milano, Londra e Vienna nell’Ottocento. Ma in fondo sapere che il diapason a forchetta del 1740 appartenuto a Händel misurasse 422.5 Hz (e allora il 415 del Barocco?) non ha molta importanza. Semmai bisognerebbe conoscere a che altezza erano intonati i vari strumenti sui quali ha composto i suoi lavori.

Ci sono poi i diapason cosiddetti curativi (figura 1). Si tratta di lunghi diapason, o di attrezzi più corti dotati di un bilanciere mobile. Questi ultimi sono in grado di assumere tanti valori contigui. Gli altri fissi possono essere tarati a un altezza variabile di 128, 136.1, 133 Hz ecc. Ho curato efficacemente i dolori lancinanti dell’herpes zoster oticus di mia moglie con un diapason a 128 Hz, e fatto sparire istantaneamente un forte dolore alla mia spalla sinistra che mi impediva anche di alzare il braccio per mettere la freccia al volante….
Personalmente quando lavoro a cappella uso di preferenza un diapason a 432 Hz. Tralasciando completamente le connotazioni filosofico-fisiologiche associate a questo valore (432 è un multiplo di 8 Hz, indicata come frequenza di Schumann o risonanza fondamentale del pianeta Terra; coinciderebbe con la frequenza di sincronizzazione tra i lobi del cervello, sembrerebbe legata al battito cardiaco, alle proporzioni numeriche dei monumenti antichi ecc.) bisogna ammettere che i brani intonati con questo diapason (peraltro molto più costoso di un normale 440) risultano particolarmente avvolgenti, hanno un suono più caldo e mostrano un amalgama corale più rotondo. Ma non perdono la capacità di proiezione e di penetrazione all’acuto. Inoltre il suo uso rende più comodo e uniforme sia il passaggio di registro che l’emissione delle note acute. In fondo si tratta di una altezza che è più bassa solo di un terzo di semitono temperato rispetto al 440. Ma i risultati riguardo al colore del suono sono magnifici. Provare per credere…
Nei casi estremi non resta che ricorrere al diapason in figura 2.

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