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Su una linea di confine
I cori lirici in ambito amatoriale

di Patrizia Bernelich
dossier "Cori nell'opera", Choraliter 62, settembre 2020

Parlare di coro lirico riconduce automaticamente a un mondo ben definito: operistico e professionale. Il termine ha tuttavia un’estensione più ampia e poco considerata nel lessico comune della coralità amatoriale. Sono tredici attualmente i gruppi iscritti a Feniarco con la definizione di “coro lirico”. Il loro interesse non è generico, ma si rivolge al repertorio lirico-sinfonico e all’esecuzione di cori da opere, inseriti nel loro contesto o estrapolati da esso.

I cantori sono per interessi musicali omogenei, trattandosi sempre di appassionati d’opera, che quindi vivono con determinate aspettative e con buona competenza in materia di repertorio la loro esperienza corale. Anche per quanto riguarda il direttore viene richiesta, oltre al corredo professionale di base, anche la padronanza dell’argomento, esigenza non scontata nel campo corale, che nella stragrande maggioranza dei casi si rivolge a tutt’altro tipo di letteratura. Si tratta quindi di un ambito molto specifico, che saltuariamente frequenta i palcoscenici di riferimento della coralità amatoriale e rimane perennemente affacciato sui grandi palcoscenici professionali. Abbiamo scelto quindi di presentare da dentro la realtà dei cori lirici, chiedendo al direttore Patrizia Bernelich di raccontarci questo aspetto del mondo corale dal punto di vista della sua lunga esperienza artistica alla direzione del Coro lirico Ponchielli Vertova di Cremona. Diplomata in pianoforte al Conservatorio Santa Cecilia di Roma, ha alternato l’attività di concertista alla preparazione di allestimenti operistici tra Piacenza (dove insegna anche al conservatorio), Parma e Cremona. Lo studio della direzione d’orchestra l’ha avvicinata ulteriormente anche ai cori lirici e filarmonici, ma l’ha portata anche sul podio di concerti lirico-sinfonici e opere liriche. 

Coro lirico: dentro e fuori dall’opera

Troverei difficile dare una definizione di coro lirico in contesto amatoriale, per il semplice fatto che quando faccio musica preferisco non distinguere tra livelli. La musica è la mia professione e l’approccio rimane identico indipendentemente dall’ambito di attività. Inoltre sappiamo che esistono molti livelli diversi di amatorialità. Dovendo definire, certamente questo tipo di coro si trova su una linea di confine. In passato, i cori dei teatri d’opera attingevano con maggiore frequenza alle realtà amatoriali per integrare gli organici, quindi esisteva uno scambio diretto.
Il coro lirico i cui cantori non si dedicano a questa attività come professione, è ovviamente formato da persone di estrazione varia, ma unite dalla grande passione per il canto e la lirica. Rientra nell’ambito del semplice piacere di far musica e tale deve essere, quindi anche un momento di giovialità e divertimento, ma questo va coniugato con il raggiungimento di un risultato effettivo, con grande rispetto per il momento concertistico e per il pubblico.
Rispetto al coro attivo in un teatro d’opera, occorre lavorare sulla qualità del suono. Con un coro professionale di allievi freschi di conservatorio, dalla voce impostata e obiettivi precisi, si ottiene un buon risultato in breve tempo. Con una base di preparazione musicale eterogenea lo stesso lavoro richiede più tempo. Si può avere la fortuna di disporre di alcune voci naturali molto belle che saranno trainanti per tutto il gruppo. Capita soprattutto nelle voci acute, mentre il colore più raro da trovare è quello di contralto. Il lavoro di base richiesto al direttore è di amalgamare elementi e colori diversi. 

Non basta la passione

Nel nostro caso, non esistono limiti all’accesso nel coro. Ogni candidato sostiene un’audizione e un periodo di prova. Vista la particolarità del repertorio, è frequente poter contare su cantori che abbiano studiato lirica o che semplicemente abbiano preso lezioni da solisti, oppure che suonino qualche strumento. La loro base di competenze diventa la forza trainante del coro.
Nel cantore di un coro lirico la passione è un motore fortissimo; permette di sopportare le richieste del maestro che tenta sempre di alzare l’asticella per portare il gruppo al massimo del potenziale. Con il giusto approccio, i risultati possono sorprendere. Si parte da un lavoro a sezioni, vocalizzi mirati, suggerimenti utili dove non ci sia una tecnica acquisita. Spesso occorre trovare vie alternative per raggiungere risultati tecnici compatibili con lo studio regolare del canto, magari passando attraverso il contenuto di quello che si canta. Sappiamo bene che la facilità tecnica non è sempre sinonimo di espressività e che cori obiettivamente bravissimi non riescono a comunicare l’emozione che ci aspettavamo di provare. Il nostro è un percorso di ricerca interessante, faticoso (anche psicologicamente), ma che regala grandi soddisfazioni.
Per il tipo di repertorio affrontato riteniamo particolarmente utile ricorrere a professionisti della vocalità per sistemare il suono d’insieme e la resa delle singole sezioni. Ne invitiamo diversi, perché sentire diverse opinioni stimola la ricerca. Ovviamente tutto dipende dall’impostazione che vuole dare il maestro. Personalmente mi sento molto orgogliosa di aver condiviso finora questo bel percorso di crescita comune con il nostro coro, perché anche il maestro cresce sempre, parallelamente alle richieste e alle esigenze dei propri allievi. Non avrei mai creduto di poter affrontare capisaldi come la Nona di Beethoven o la Messa da Requiem di Verdi. Sulla base dell’esperienza personale devo ribadire che i risultati si ottengono attraverso la professionalità nell’approccio. Per i progetti citati il coro si è fatto carico di prove quotidiane, con un lavoro intenso e mirato, uno slalom tra difficoltà varie, per superarle e crescere.
Aggiungerei tuttavia che i risultati si ottengono passando non soltanto attraverso arte e metodo, ma grazie alla disponibilità dei cantori, al supporto e al lavoro di un team direttivo che si occupa anche del lavoro amministrativo ed è la struttura portante per l’attività di un gruppo che ambisca alla realizzazione di progetti di maggiore impegno. 

Non solo opera

Oltre ai già citati brani con i quali siamo usciti dal repertorio operistico, un altro cavallo di battaglia che ha appassionato i coristi è stata la cantata scenica Carmina burana di Carl Orff. Abbiamo amato molto anche il Requiem di Fauré, un capolavoro di tale lievità ed estasi da comportare una ricerca di colore e suono inusuale. Quando invece abbiamo lavorato sulla Nona sinfonia di Beethoven, il lavoro si è rivolto anche all’approfondimento della pronuncia della lingua tedesca.
Tutte cose che portano conoscenza, curiosità, rinnovamento. Ovviamente al centro dell’attività di un coro lirico ci sono soprattutto i cori d’opera o, nel nostro caso, anche allestimenti ed esecuzioni complete, con scene e costumi. In repertorio abbiamo opere di Verdi, Mascagni, Puccini, Donizetti, Bellini, Bizet, e collaborazioni con artisti prestigiosi quali Dimitra Theodossiou, Carlo Colombara, Riccardo Zanellato, Leo Nucci.
A volte ci richiedono concerti e in questo caso si estrapolano brani, rigorosamente corali, con accompagnamento orchestrale o pianistico, a seconda delle necessità e degli spazi a disposizione. Tra i grandi classici ci sono cori come O signor che dal tetto natio, La vergine degli angeli, Va’ pensiero del nostro amato Verdi, Dal tuo stellato soglio dal Mosé di Rossini, Regina coeli… Inneggiamo da Cavalleria rusticana

Un direttore melomane?

Sarebbe difficile immaginare un coro lirico diretto da un musicista che non condivida la passione operistica dei suoi cantori, anche perché il repertorio va interamente in quella direzione. Quindi, pur non essendo una condizione ufficialmente riconosciuta, la selezione è naturale. Io sono una musicista diplomata a Santa Cecilia e ho avvicinato il coro come pianista, lavorando con il celebre baritono Aldo Protti. A Cremona ho lavorato come pianista in un coro e a un certo punto mi hanno chiesto di occuparmene. Ho una competenza specifica nell’ambito lirico, da maestro collaboratore, al Teatro Ponchielli di Cremona e al Municipale di Piacenza, quindi conosco bene repertorio e tradizioni. Ho realizzato opere liriche da concertatore e direttore. Questo è il bagaglio che porto con me nell’attività corale. Credo che per rivestire questo ruolo sia necessario anche avere una funzione trainante, per far accogliere le novità, ma soprattutto trovare un linguaggio comune con i coristi, che sono appassionatamente lirici. Il loro verbo è Verdi, la sua opera, e io li assecondo in quanto appassionata verdiana. All’inizio ho trovato un po’ di resistenza nell’avviarmi al repertorio sacro, ma è compito di un maestro far spaziare il coro, pur tenendo conto della sua specificità. Se hai un maggiore ventaglio di esperienze, canti meglio anche il tuo repertorio d’elezione. 

Il loggione

Il backstage di un coro lirico e le pause delle prove sono momenti molto specifici, anche perché i cantori condividono la passione per l’opera frequentando i teatri e trovando quindi materia di confronto e commento. Non voglio dire che la sala prove sia come il temuto loggione del Regio di Parma, ma non ci si risparmia su analisi e commenti.
Da frequentatori appassionati e attenti, i cantori osservano ogni aspetto dell’allestimento, ma le critiche più ricorrenti sono sempre destinate alle regie, soprattutto quando risultano lontane dal contesto originale, dal libretto o addirittura di ostacolo al cantante. È una bella palestra, soprattutto quando chiedono il parere al direttore, sperando ovviamente nel consenso. Credo che mantenere un buon equilibrio in questo genere di risposte rientri nelle mansioni non ufficiali, ma ineludibili, del direttore di coro lirico. 

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