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Mariano Garau
Una musica per tutti

di Walter Marzilli
Dossier compositori, Choraliter 64, maggio 2021


Caro maestro, la sua esperienza musicale inizia tanti anni fa come puer cantor nella Cappella Musicale della Cattedrale di Iglesias, sua città natale, sotto la guida di Pietro Allori. Cosa ricorda di quegli anni?

Avevo quattordici anni quando entrai a far parte del Coro Ceciliano diretto da Pietro Allori; un piccolo ensemble che animava in cattedrale le messe più importanti dell’anno liturgico. Avevo già un briciolo di conoscenza musicale perché dapprima frequentavo un corso di orientamento musicale dove ci insegnavano la fisarmonica e la teoria con il vecchio metodo Bona. Agli inizi dell’attività corale rimasi affascinato subito della tecnica organistica del maestro Allori! Non avevo mai avuto lezioni dirette da lui, ma osservavo tutte le volte che gli stavo vicino il suo modo di suonare e di comporre! Si accorse che mi interessava lo studio della composizione, ma mi dava poca importanza. Con il passare del tempo riuscii ad avere più fiducia da parte sua e iniziò a mostrarsi più aperto nei miei confronti.

L’esperienza polifonica dei suoi inizi sembra averla formata all’amore per la musica corale, che poi non lascerà più. C’è un brano di quegli anni che ha toccato la sua sensibilità e che le ha fatto pensare: da grande voglio comporre anch’io musica per coro?

Non ricordo quale fosse il brano, ma mi attraeva la musica di Perosi. In quegli anni sicuramente pensavo alla composizione ma non esclusivamente a quella corale; mi piaceva inventare delle piccole melodie in un vecchio harmonium della chiesa perché a casa non potevo permettermi uno strumento. Tentavo ogni tanto di scrivere qualche particina per coro ma con scarsi risultati: era chiaro che mi serviva un maestro!

La sua produzione è incentrata sulla musica sacra, soprattutto in latino. Ci può spiegare il motivo di questi due legami?  

Ho sempre avuto un grande amore per la musica sacra. soprattutto per il gregoriano! Da ragazzo conoscevo la Missa de Angelis a memoria. Credo che ogni compositore di musica corale sacra non possa fare a meno della lingua latina; pensiamo per un attimo alla musica del passato e immaginiamo il testo di un corale del grande Palestrina trascritto in italiano: il brano perderebbe un valore immenso! Ricordo che vent’anni fa un editore mi disse che per pubblicare alcune mie composizioni avrei dovuto adattare la musica con il testo in italiano perché la Chiesa non accettava il latino; con tanta sincerità ci ho provato ma con un risultato piuttosto pessimo.  

Lei ha scritto due cantate su Hildegard von Bingen a distanza di pochi anni: c’è qualche tratto particolare che la lega a questa famosa figura?

Quando il direttore artistico del Teatro dell’Opera di Philadelphia mi propose di scrivere una cantata su Hildegard rimasi stupefatto e nello stesso tempo terrorizzato; pensavo di non essere all’altezza della situazione perché non avevo mai scritto cantate! Forse il particolare che mi lega alla figura di Hildegard e che mi ha spinto a scrivere è il misticismo del personaggio! 

Tra le sue collaborazioni c’è quella con Natalia Di Bartolo, musicista e letterata, autrice dei testi di alcuni suoi brani. Quale è il suo approccio alla scelta di un testo da musicare? Cerca la rima, la metrica regolare, o si lascia trasportare dagli accenti del testo, dalla successione anche asimmetrica di accenti forti e deboli, dalla direzione verso l’accento fraseologico principale?

Natalia Di Bartolo è una scrittrice e una latinista di grande talento; l’ho conosciuta tramite il web e abbiamo collaborato per diversi anni. Quando scatta l’idea di comporre non cerco rime né metrica regolare ma solo un testo da musicare! Se il testo mi piace lo leggo diverse volte per poi iniziare una costruzione melodica e armonica. 

Le sue composizioni si distinguono per un trattamento compositivo che cura molto la cantabilità, e persegue in modo evidente anche una concreta facilità di esecuzione, pur tuttavia senza essere mai banale. Si tratta di una necessità, di una accortezza per i cantori o c’è una linea conduttrice che la porta a inseguire una reale facilità di esecuzione?

La parte che amo di più in un brano che scrivo è la melodia! Il successo della mia musica credo che derivi proprio dalla cantabilità. Le numerose congratulazioni che mi arrivano da tutto il mondo parlano del mio essere melodico, della mia semplicità nello scrivere e tutto questo mi rende felice! Ho sempre pensato che la musica senza melodia fosse come un essere umano senza volto! 

Anche nelle sue composizioni a tre voci sole si nota una completezza armonica che non fa rimpiangere né desiderare l’utilizzo di un numero maggiore di voci. Quali sono le sue idee costitutive in riferimento all’armonia?

Sono convinto che per comporre una pagina di musica corale sacra non sia necessario andare alla ricerca di astruse armonie, di passaggi complicati che creerebbero enormi difficoltà per chi canta. Quando scrivo non cerco il difficile ma l’eseguibile per tutti, penso alla preghiera, a quello che il coro deve far capire a chi ascolta!

Il suo stile è immediatamente riconoscibile, e la sua produzione compositiva non sembra rifarsi a nessuno dei suoi colleghi compositori attuali o del passato. È così?

È proprio così! Oggi abbiamo dei compositori che scrivono molto bene, ascolto la loro produzione e mi meraviglio di tutti i mezzi armonici che utilizzano anche se scrivono il più delle volte per cori di un certo livello. Per quanto mi riguarda preferisco sempre la semplicità! Ci sono tanti cori molto preparati che scelgono anche la mia musica, per esempio il Vox Gaudiosa del Giappone diretto da Ko Matsushita, il coro della cattedrale di Notre-Dame di Parigi e altri. 

Le sue composizioni sono eseguite in tutto il mondo, e l’elenco completo sarebbe lunghissimo. Cito solo alcuni Paesi oltre all’Italia, in ordine alfabetico: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Lettonia, Messico, Norvegia, Olanda, Perù, Polonia, Spagna, Stati Uniti, Sud Africa, Sud America, Ungheria. A causa di tanto successo e di così tante commissioni la sua attività come direttore di coro ha dovuto cedere necessariamente il posto a quella di compositore, immagino… 

Non sono mai stato un esperto direttore di coro, non ho mai frequentato corsi di direzione corale e ho lavorato sempre come autodidatta! Nel 1995 avevo fondato e diretto per alcuni anni la Cappella Musicale Pietro Allori, un ensemble di nove coristi che eseguiva brani del Cinquecento e qualche mia composizione. Ho provato a dirigere qualche altro coro ma senza risultati concreti, quindi, alla fine ho ritenuto più soddisfacente l’attività di compositore! 

Lei pensa che sia ancora possibile fare del lavoro di compositore corale una professione reale? E cosa consiglierebbe agli studenti di Composizione dei conservatori per intraprendere questa carriera?

Diventare compositori di professione penso sia molto complicato! Anche se ci sono giovani pieni di talento, il traguardo viene raggiunto il più delle volte dalla musica di consumo. Il consiglio che posso dare ai giovani studenti è quello di credere in quello che fanno e soprattutto riconoscere i loro sbagli come un prezioso aiuto di crescita! Nello studio della composizione ho fatto una miriade di errori e tutto mi è servito per migliorare e ancora non finisco di sbagliare! Voglio citare una frase del mio maestro che diceva: «Ricorda che se domani crederai di aver imparato tutto, significa che da quel giorno dovrai ricominciare tutto da capo». 

Quando un compositore licenzia un brano è un po’ come la nascita di un figlio: lo si custodisce nel privato della propria abitazione, ma un giorno si lascia che esca e affronti il mondo con le proprie forze. C’è un brano tra i suoi in cui lei ha creduto molto ma che non ha avuto il successo che sperava? E quale può essere il motivo?

I brani che non hanno avuto successo sono diversi e il motivo potrebbe essere legato alle mie composizioni molto conosciute. Ho scritto dei corali che potrebbero risultare più interessanti di quelli che normalmente vengono eseguiti, ma non c’è niente da fare, quando un autore è conosciuto per quel determinato brano tutto il resto non conta, si canta quello e basta. 

Se le chiedessi se esiste un pezzo del panorama corale di tutti i tempi che avrebbe voluto scrivere lei, quale sceglierebbe?

I responsori di Tomás Luis de Victoria: un capolavoro della polifonia cinquecentesca!

C’è un progetto imminente sulla sua scrivania? 

Sì, sto lavorando sul Cantico delle Creature.

C’è anche un sogno nel cassetto?

Ho sempre avuto un sogno nel cassetto: istituire un coro di voci bianche nella scuola. In 43 anni di insegnamento non ci sono mai riuscito! Nella mia città, purtroppo, c’è povertà di cultura musicale!

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