La Digital Transformation è infatti un cambiamento organizzativo che parte dalle fondamenta, perché modifica il modo di lavorare, sfida i paradigmi di pensiero a cui siamo abituati e le strategie su cui facciamo normalmente affidamento. Si tratta di cambiare il modo in cui operiamo modificando le abitudini di ognuno alle nuove tecnologie, piuttosto che semplicemente adottarle.
I processi di trasformazione digitale possono essere innescati da diverse cause, spesso contemporanee: dal comportamento e delle aspettative dei clienti, dalla concorrenza di nuove realtà, dai cambiamenti sociali, da una crisi del tessuto in cui si opera. Quante di queste cause si ritrovano, tutte assieme, nella pandemia mondiale di covid-19 che, in pochi giorni, ha paralizzato la quasi totalità dei settori? È infatti emersa in maniera ancor più netta e rapida la necessità di adeguare le proprie attività, e si è delineato da subito un confine netto fra chi era già pronto al necessario cambiamento e chi, ancora, si è trovato impreparato.
Proviamo dunque a raccogliere la provocazione, per capire il confine fra possibilità e utopia, per scoprire che l’ossimoro, in realtà, è un inaspettato e straordinario parallelismo.
Accostare un mondo apparentemente freddo come quello della tecnologia a uno più alto e impalpabile come quello dell’arte, ora come non mai, è una reale necessità per affrontare i grandi cambiamenti in atto in questo momento storico così complesso.
Analizziamo di seguito come i sei pilastri della digital transformation nel mondo aziendale, per quanto possibile, si possano connotare anche nell’attività corale.
La trasformazione digitale può essere un processo complesso e spesso scoraggiante, soprattutto in quegli àmbiti che apparentemente niente hanno in comune con quello tecnologico. Si dovrà uscire dalla propria comfort-zone e sarà richiesto l’apprendimento di nuove competenze anche per chi, tanto nell’azienda quanto nel coro, si fa regista di questo processo di cambiamento. Non si devono adottare soluzioni contingenti per tamponare un momento transitorio, piuttosto occorre riflettere sulla necessità di cambiare, a lungo termine, l’approccio all’attività corale e alla sua gestione. Continuare a operare come si era abituati probabilmente non sarà più sufficiente: serviranno nuove idee, competenze, aiuti esterni, strategie per modificare l’attività. I grandi cambi di paradigma attraversano spesso una prima fase di diffidenza, soprattutto per quei cambi che, abbracciando il mondo digitale, cercano di connettersi a un nuovo pubblico. Si pensi, ad esempio, al settore dell’abbigliamento: fino a pochi anni fa, si riteneva che la vendita online non avrebbe potuto funzionare perché gli acquirenti avrebbero voluto sempre provare i capi prima di acquistarli. Laddove si vedevano con diffidenza possibilità di successo, dopo qualche anno ci si è dovuti ricredere: a oggi, circa 2/3 dell’abbigliamento mondiale è venduto online, perché il settore ha saputo creare modelli di vendita che anticipassero le necessità.
Un case-study in ambito musicale è la Digital Concert Hall dei Berliner Philarmoniker: la nota istituzione musicale tedesca, coniugando lungimiranza e tecnologia, ha dotato la propria sala da concerto di un impianto audio/video di altissima qualità per la registrazione e trasmissione degli eventi realizzati. Si tratta ovviamente di un investimento economico ingente, alla portata di pochissime realtà, da cui tuttavia si possono trarre importanti considerazioni, ridimensionate e proporzionate alle proprie realtà:
È giunto il tempo che anche il mondo corale innovi la propria relazione col pubblico e trasformi il proprio prodotto, creando nuovo valore attraverso le dimensioni già esistenti: la coralità è fatta di un tessuto tanto vario quanto straordinariamente disomogeneo, per età, genere musicale, abitudini sociali, provenienze geografiche. Occorre che ogni realtà corale analizzi attentamente le proprie peculiarità per ri-collocarle tramite i paradigmi della digital transformation: si tratterà certo di un momento trasversale e dirompente, che dovrà mettere i fruitori (coristi e pubblico) al centro del cambiamento, pensando ai risultati, proprio come farebbe un’impresa start-up.
Tutto il tessuto delle interazioni sociali è in trasformazione e questo momento storico ha accelerato esponenzialmente i tempi di cambiamento: è importante essere altrettanto veloci nel comprenderne le dinamiche e nell’adattarsi. Il nostro mondo non è ancora del tutto pronto e, per tante ragioni, non potrà fortunatamente mai fare a meno della componente umana, fatta di persone e non di linee internet. Non riesco a pensare a una prova interamente da remoto, ma sento la necessità di introdurre stabilmente i vantaggi tecnologici nel lavoro di studio col coro.
Non vorrei mai un concerto senza pubblico presente, ma immagino un futuro nei quali i concerti potranno raggiungere anche un pubblico nuovo e distante grazie alla trasmissione in streaming. Non posso negare che una trasformazione dell’attività corale possa spaventare, ma accolgo con entusiasmo le possibilità derivanti dal lavoro collaborativo a distanza, dalle possibilità di raggiungere nuovo pubblico, e soprattutto l’opportunità di dare un nuovo valore a ogni singolo corista e al suo ruolo nel coro.