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Un'esperienza virtuale... Hic et nunc

di Tobia Tuveri
dossier "Muoversi nel web", Choraliter 61, maggio 2020

Stiamo vivendo un periodo di isolamento e di grandi timori. Mai come oggi sentiamo quanto il singolo possa fare la differenza sulla comunità, e questo è un po’ come essere parte di un coro. Fare musica insieme, infatti, è incontro, fusione, somma di parti imprescindibili in un tutto che le supera. È possibilità di sperimentarsi unici nell’Uno. Di far confluire in un solo accordo voci differenti per suono, timbro, calore. Di annullare confini di spazio, tempo, relazioni, culture. È linguaggio che nel ripetersi diviene, si fa nuovo.

In questi giorni segnati dalla minaccia di un nemico che ci separa, nella nostra associazione, una realtà cagliaritana nata nel 2017, si è rafforzata la volontà di continuare a esprimerci insieme per diffondere un messaggio di speranza. Da questo desiderio condiviso è nato Virtual Hic, la nuova veste virtuale del nostro coro giovanile Hic et Nunc, che ha esordito con il brano Mother of God di Tavener, sul modello creato dal compositore americano Eric Whitacre.
Il virtual choir è una modalità di far musica col supporto della tecnologia: con l’ausilio di un video fornito dal direttore, ciascun cantore registra la propria parte su una traccia preregistrata. Il materiale viene quindi sincronizzato e combinato in un’unica performance grazie a un editing audio e video. Si tratta dello strumento maggiormente fruibile in assenza di software dedicati, al momento insufficienti per cantare simultaneamente, considerati i tempi di latenza e le difficoltà di connessione.

Whitacre, ispirato all’epoca dal gesto di una sua giovane fan, che aveva realizzato e condiviso la registrazione di una performance, invitò i suoi sostenitori a fare altrettanto. Impressionato dal risultato, si spinse oltre: chiese di cantare insieme Lux Aurumque e diede vita al primo virtual choir, con la partecipazione di 185 cantori in dodici nazioni. I numeri sono aumentati notevolmente nelle successive produzioni, per arrivare a 8000 cantori e 120 Paesi nella registrazione virtuale di Deep field.
Questa modalità di fare coro, certamente, non è scevra di difficoltà: ci si può sentire a disagio a cantare individualmente, e affaticati a ripetere la registrazione una innumerevole quantità di volte. Ma il prodotto finale è davvero toccante.
In essa sono inoltre apprezzabili alcuni risvolti didattici: la possibilità di entrare pienamente in contatto con la qualità e i limiti della propria voce; la necessità di una conoscenza accurata della propria parte, di un’analisi precisa del brano, di un’attenzione più ferma alla direzione; l’offerta di un valido supporto temporaneo per proseguire i propri programmi di lavoro.
Questa sperimentazione si è rivelata una grande occasione di scambi e di collaborazione tra tanti maestri e coristi per poter realizzare al meglio un prodotto virtuale. Vorrei ringraziare perciò tutti coloro che, in questo momento difficile, hanno dato il loro contributo e hanno moltiplicato i loro sforzi per fare in modo che la musica non si fermasse.
Un grazie speciale a Feniarco, per aver creato la rubrica REwind, dando spazio e voce ai numerosi cori che si sono cimentati nella produzione di un virtual choir.

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