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Leggere con le mani

di Federica Di Franco
dossier "Ready to read", Choraliter 64, maggio 2021

Un musicista utilizza uno strumento fondamentale per studiare, interpretare la scrittura musicale, che noi conosciamo sotto il nome di “pentagramma” e si declina in linee e spazi su cui troviamo altezze dei suoni e figure musicali. Esistono dei musicisti, coristi, direttori d’orchestra speciali che hanno un modo curioso di leggere e studiare il linguaggio della musica, attraverso l’uso delle proprie mani, che definiamo il “Braille musicale”. Corrisponde a una sequenza di sei puntini che vengono toccati con le dita delle mani che scorrono su un foglio bianco su cui vengono scritte e lette le note di un pentagramma musicale; note che prendono forma attraverso i simboli dell’alfabeto braille. Poiché le singole lettere dell’alfabeto corrispondono alle note musicali.

Il carattere delle note (durata, ritmo, melodia) è indicato in braille dai punti 1, 2, 4, 5 e la mancanza o la presenza di punti 3 e 6 determina il valore della nota. Nella musica braille le armonie che prendono forma con gli accordi musicali vengono scritti secondo una sequenza precisa; viene scritta soltanto una nota, acuta o grave se viene suonata o con la mano destra o sinistra (accordo maggiore fa-la-do; la nota do viene suonata con la mano destra, acuta, e la nota fa con la mano sinistra, grave) e l’esecuzione varia a seconda dello strumento suonato. Le altre note dell’accordo vengono indicate dai simboli degli intervalli musicali.
La lettura e scrittura musicale Braille è uno strumento essenziale per i giovani non vedenti e ipovedenti, sia per approcciarsi allo studio di uno strumento che per inserirsi all’interno di un contesto musicale che possa assumere un valore sociale, come entrare nel coro di una comunità: conservatori, scuole, associazioni culturali e musicali che consentano di condividere in modo piacevole e comprensibile il proprio modo di studiare e interpretare il linguaggio musicale.
All’interno di un coro un non vedente e ipovedente, grazie alle sue capacità percettive-sensoriali legate all’udito, riesce a percepire tutti gli elementi che caratterizzano il canto corale: gli attacchi e le chiusure di un brano attraverso il respiro degli altri coristi, i tempi e le durate dei suoni attraverso il gesto del direttore di coro, ovvero grazie alle voci degli altri coristi che trasformano in suono le manifestazioni gestuali.
Inoltre la presenza della coordinazione visuo-spaziale che avviene tra coristi normo-vedenti e direttore di coro diventa una “guida” per il corista non vedente e ipovedente per cogliere e percepire l’insieme delle interazioni musicali che avvengono tra coro e direttore. «Molti pensano sia impossibile, da non vedente, riuscire a comprendere quanto chiede un direttore di coro con la sola gestualità; pensano che per farlo il corista non vedente debba assolutamente conosca già i brani e come vanno interpretati. Nulla di più falso!», afferma Daniela Nuccio, corista non vedente, che spiega:

«Non sempre conoscevo i brani che mi venivano presentati, eppure, con moltissima attenzione e concentrazione, riuscivo ad ascoltare ogni respiro, ogni dinamica tenuta dai miei compagni di coro, a volte micro-respiri del direttore stesso che, non sembra, ma sono molto indicativi. Mi è anche capitato di essere diretta da una direttrice ipovedente, Roberta, che, sapendo che nel coro per l’occasione c’erano altri cantanti non vedenti, si è subito posta il problema di come agevolarci e in fase di apprendimento ha pensato di produrre dei suoni con le mani: il battito per gli attacchi, nei brani a più voci con attacchi separati, lo schioccare delle dita per la ritmica, e la posizione della mano per la dinamica. Questo ha facilitato di gran lunga l’apprendimento e ben presto siamo riusciti a imparare perfettamente i brani e questo ha permesso a Roberta di eliminare pian piano i suoni delle mani. Sono esperienze che si devono provare perché il non vedente possa comprendere la bellezza di questo lavoro e perché così possa sentirsi più integrato».

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