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Voglio leggere la musica
Proposte per un percorso didattico

di Marina Mungai
dossier "Ready to read", Choraliter 64, maggio 2021

Molti cantori, seppur appassionati, si avvicinano all’esperienza corale per attrazione sociale, sprovvisti di competenze accademiche. D’altronde, per una partecipazione attiva e soddisfacente, spesso nei cori non è richiesta la conoscenza specifica del linguaggio musicale. La musicalità, l’innata propensione all’arte dei suoni, è presente in tutte le persone, e questo il più delle volte basta per un primo approccio alla vita corale. Avendo collaborato quasi sempre con cantori senza alcuna esperienza musicale pregressa, ho potuto osservare, di fronte alla proposta dello studio sistematico della lettura, reazioni comuni di due tipi: resistenza («ma io sono un corista amatoriale e quindi non devo studiare») spesso generata da sfiducia («non sarò mai in grado di…»). I più motivati, coloro che intuiscono la preziosità della lettura per la loro esperienza, talora intraprendono vere “crociate” per il raggiungimento di questo obiettivo, procedendo per tentativi spesso fallimentari e a volte dispendiosi: dall’acquisto di libri di teoria e solfeggio per uno slancio fai da te (ma questi testi in Italia sono destinati a strumentisti!) fino a lezioni private – di solito metodologicamente non adeguate agli obiettivi ambiti dai cantori amatoriali.

Lo stesso tentativo può venire dai direttori, con lezioni di teoria e solfeggio rivolte al gruppo: il risultato a volte è quello di rendere ancora più scoraggiato il coro rispetto a un possibile successo, che si percepisce al contrario più lontano e utopico. Tutto ciò è motivato dal fatto che gli approcci alla lettura musicale offerti nel nostro Paese sono destinati a esecutori/decodificatori che utilizzano il linguaggio musicale attraverso uno strumento, vale a dire un oggetto. Diversamente, la voce umana non è uno strumento e il coro non è un oggetto. Come progettare quindi un percorso efficace di apprendimento, mirato, “su misura” per il coro? Come non stancare il gruppo, ma motivarlo e stimolarlo? Proviamo a vedere insieme qualche proposta, partendo da alcuni principi pedagogici. Come ogni buon apprendimento, anche quello musicale passa attraverso una fase cognitiva (imparo facendo, in funzione delle competenze di base), una fase associativa (ciò che so fare lo collego a concetti e linguaggi nuovi) e una fase assimilativa (pratico ciò che ho imparato e sviluppo le competenze aggiungendo gradualmente i concetti e i linguaggi). Nel nostro caso, l’educazione alla musicalità parte dall’ascolto: un orecchio allenato preparerà un cantore più consapevole e quindi più soddisfatto e gratificato. Ogni nostro progresso si genererà da un attento ascolto. Sarà bene muoversi attraverso molte attività, alcune spiegazioni, ma soprattutto la volontà di dedicarsi costantemente alla lettura… perché leggendo si impara a leggere, come cantando si impara a cantare. Provo qui di seguito a sintetizzare le tappe di un possibile percorso, mettendone in rilievo competenze di base, contenuti e strategie, per arrivare alle verifiche. Ogni direttore potrà creare, modificare, ricalcolare le proprie proposte a partire dal proprio gruppo:

Obiettivo 1

C’è da osservare che nella gran parte della letteratura corale le strutture ritmiche sono piuttosto semplici, e non si spingono quasi mai oltre ai valori di semicroma. Non sarà quindi necessario ambire a una lettura ritmica complessa. Guardiamo le competenze di base dei cantori. Il senso della pulsazione, del beat, è patrimonio umano: il battito cardiaco e l’alternanza del passo sono gli esempi più immediati di questa esperienza, comune e condivisibile. Dall’attitudine alla pulsazione deriva anche la capacità di accentare il linguaggio verbale: tutti coloro che parlano possiedono il “senso ritmico” della frase e della parola! Per questo motivo può essere efficace associare la simbologia dei valori musicali a un metodo sillabico, come ad esempio quello di Zoltán Kodály. Particolarmente stimolante ed efficace per un approccio ludico e per l’allenamento dell’orecchio ritmico è la parte di esercizi, sia di ascolto che di lettura, offerti dal software gratuito 4four.io. Suggerisco, infine, nella fase della lettura ritmica di una partitura corale, di usare appena possibile una “declamazione intonata”, che metta già in evidenza le caratteristiche dinamiche, agogiche e timbriche delle parti.

Obiettivo 2

La seconda competenza che andiamo a potenziare (parallelamente e contemporaneamente al primo obiettivo) è quella della lingua musicale materna. Si tratta del bagaglio pre e postnatale presente altrettanto quanto la competenza di una lingua madre verbale. Ogni per-sona (l’italiano ci suggerisce in maniera evidente che siamo fatti di musica!) nasce in un contesto sonoro-musicale, nel quale è immersa fin dall’infanzia – e addirittura prima ancora! – tramite ambienti sonori, ascolti, produzioni. Il riconoscimento tonale nella nostra cultura diatonica è istintivo. È quello che ci permette di rimanere “sospesi” quando ascoltiamo un accordo di settima, o che ci trasmette stabilità se in un’armonia perfetta la fondamentale si trova al basso. Andando oltre l’istinto, il percorso di questo secondo obiettivo nasce dall’ascolto attento e guidato degli elementi fondamentali dell’accordo perfetto: tonica, dominante, modale (attenzione: in questo specifico ordine). Il riconoscimento armonico del proprio ruolo all’interno di un accordo sarà di grande aiuto in un percorso sulla lettura, perché introdurrà il cantore nel “sound” tonale e lo aiuterà a orientarsi sui gradi della scala. Questo secondo obiettivo è perseguibile anche senza utilizzare la lettura di una partitura. Suggerisco di esercitare il coro sulla tonalità di base del repertorio che si intenderà studiare o concertare durante la prova, cantando i nomi delle altezze assolute, in modo da rinforzare l’uso fluido della notazione e allenare l’orecchio assoluto. Un grande aiuto in questa e nella successiva fase può venire dal sito tonesavvy.com, dove è offerta la possibilità di creare ed eseguire allenamenti sia sull’ascolto che sul riconoscimento degli intervalli.

Obiettivo 3

Eccoci arrivati alla parte più complessa della formazione sulla lettura. È qui infatti che dobbiamo progressivamente abbandonare l’istinto imitativo (che comunque conserva la valenza di primo nutrimento per l’apprendimento) e addentrarci nella decodificazione-codificazione del linguaggio sonoro: lettura - intonazione mentale del suono - canto.  A livello di intonazione intervallare, la competenza di base inizia dalla terza minore discendente, il primo canto, secondo l’interessante analisi offerta dall’indimenticato Gino Stefani (insieme a Luca Marconi e Franca Ferrari nel libro Gli intervalli musicali edito da Bompiani). Il primo canto è l’intervallo materno: in quasi tutte le culture musicali è tipico di ninne nanne e canti infantili. Contestualmente all’allenamento armonico dell’orecchio, per quanto riguarda la lettura di frasi melodiche, il direttore potrà presentare esercizi graduali, nelle chiavi che le sezioni utilizzano abitualmente. La chironomia delle note può essere usata a questo punto come interessante e pratica strategia intermedia. Il metodo Kodály suggerisce di muoversi in modo progressivo, introducendo i gradi secondo questo ordine:V-III-I-VI-II-IV-VII Vediamo un esempio di esercizio di lettura su quattro note e due soli elementi ritmici: semiminima (TA) e doppia croma (TI-TI). Ogni linea può essere eseguita anche sovrapposta all’altra. Sarà un buon metodo per esercitare il controllo armonico dell’esecuzione, con apprezzabili risultati anche dal punto di vista intonativo. Per chi vorrà, sarà possibile nel contempo utilizzare una tastiera (ormai sono disponibili gratuitamente molte app che consentono di suonare sul proprio smartphone – un esempio è Perfect Piano). Per questo, insieme alle note, nell’esercizio è possibile trovare la diteggiatura per la mano destra. Sarà utile per l’approfondimento personale e come feedback sonoro.

Acquisiti in modo progressivo il riconoscimento e l’intonazione dei vari gradi della scala, a partire come sempre dall’ascolto, si potranno proporre esercizi all’unisono e polifonici, dai gradi congiunti a melodie più complesse. Una buona fonte di ispirazione per un percorso da modellare sul proprio gruppo può essere la collana statunitense Essential Musicianship di Emily Crocker e John Lewitt, edita da Hal Leonard Corporation. Si tratta di volumi destinati allo sviluppo della musicalità nella pratica corale: voce, teoria, lettura a prima vista ed esecuzione. Non sarà certo necessario misurare il coro sull’intera opera, ma essa potrà fornire elementi preziosi per operare scelte “su misura” per il proprio gruppo, specialmente dopo aver gettato le prime basi del lavoro sulla lettura. La stessa casa editrice fornisce un ventaglio di proposte metodologiche decisamente interessanti (tutte in inglese). E il repertorio? Il direttore avrà cura di operare da subito una ricerca attenta e didatticamente mirata agli obiettivi che sta proponendo al coro. Il repertorio di ogni genere ed epoca, destinato a qualsiasi tipo di formazione, contiene esempi che possono essere offerti come spunti di lettura/studio. Là dove esistano collaborazioni con compositori, sarà questa l’occasione per commissionare brani adeguati al livello di lettura del proprio gruppo. In conclusione: partiamo dalle competenze dei nostri cantori, perché queste dovranno essere le potenzialità sulla quali fare leva affinché il coro possa guadagnare autostima e alimentare la volontà di riuscire. Per un apprendimento efficace e duraturo sono necessari tempo e impegno, costanza e determinazione. Uno spazio della prova destinato alla lettura, se stabilito, dovrà diventare irrinunciabile, tanto quanto quello della preparazione vocale e della concertazione. Grandi orizzonti, da raggiungere un passo alla volta, con determinazione e tenacia. Buona musica a tutti, perché la musica, che appartiene a tutti, sia di tutti.

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