Biografia
Nasce a Tione di Trento nel 1989 e inizia lo studio del pianoforte all’età di otto anni. Dopo i primi anni sotto la guida di Roberta Carlini, si diploma nel 2011 con Antonella Costa e si perfeziona nel 2014 con Laura Di Paolo presso il Conservatorio F.A. Bonporti di Trento. Nel 2023 si diploma in composizione con Massimo Priori e attualmente si sta perfezionando con Nicola Straffelini presso il Conservatorio F.A. Bonporti di Riva del Garda. Ha frequentato masterclass pianistiche con docenti di fama internazionale come Massimiliano Damerini, Roberto Prosseda, Lylia Zilberstein, Boris Petrushansky, Filippo Gamba, Riccardo Risaliti, Roberto Cominati e altri ancora. Nel 2011 si qualifica alle semifinali del Concorso internazionale per pianoforte e orchestra Città di Cantù eseguendo il Concerto in sol di Ravel con la Mihail Jora Philharmonic Orchestra di Bacau diretta da Ovidiu Balan. Dal 2012 al 2023 è docente di pianoforte presso la Scuola musicale Alto Garda nonché pianista collaboratore del Coro voci bianche Garda Trentino diretto da Enrico Miaroma. Attualmente è docente di teoria dell’armonia e analisi presso il Conservatorio B. Marcello di Venezia. È stato premiato in numerosi concorsi nazionali e internazionali di composizione corale fra i quali spiccano, fra i più recenti, il primo premio al Musica Sacra Nova choral composition competition 2024 (Polonia), il primo premio al 21º Concorso internazionale di composizione Seghizzi (Italia), il primo premio all’IFCM International Choral Composition Competition, il primo premio all’International Ave Verum Composition Competition di Baden (Austria). Le sue composizioni corali sono edite da Feniarco, Sonitus, PH Publishers, Hal Leonard, Schott ed altre case editrici.
Il catalogo delle composizioni e ulteriori approfondimenti su paoloorlandimusic.com dove è possibile scaricare liberamente o acquistare gran parte delle partiture (di alcune si possono anche ascoltare le registrazioni. Nello stesso sito è inoltre presente una pagina con l’elenco delle edizioni e i link di accesso.
Lei è un giovane compositore, ma già con un curriculum di rilievo, in particolare in ambito corale. La sua formazione musicale inizia con lo studio del pianoforte. Quali sono stati poi gli stimoli principali che l’hanno portata a un interesse particolare per la coralità?
Sono nato in una famiglia dove la musica è sempre stata molto presente nonostante i miei genitori non abbiano mai intrapreso studi musicali. Entrambi cantano nel coro parrocchiale e mio padre da più di quarant’anni canta anche in un coro amatoriale maschile che si occupa in particolare di repertorio popolare. Sin da piccolo ho assorbito quindi la passione per la musica e in particolare per la musica corale, condivisa anche con mia sorella Lorenza. Assieme abbiamo iniziato gli studi di strumento in una scuola musicale, contemporaneamente cantavamo nel coro della parrocchia e successivamente nel coro del Liceo musicale Bonporti di Trento dove abbiamo avuto occasione di affrontare pagine importanti di repertorio corale come i Requiem di Mozart, Fauré e Rutter, e meravigliose pagine di Cecilia Vettorazzi, direttrice del coro nonché raffinatissima compositrice, che ha dato una forte impronta al mio percorso musicale. I primi esperimenti compositivi sono stati quindi rivolti al coro e tutt’ora questo organico prevale sugli altri.

Guardando il suo catalogo colpisce l’attenzione particolare riservata ai cori di voci bianche.
Sì, trovo importantissimo il repertorio per i cori di voci bianche perché credo fortemente che dai bambini abbia inizio la coralità del futuro. Nella mia regione tanti cori stanno soffrendo la mancanza di un ricambio generazionale e purtroppo la sensibilità musicale nei bambini non è più alimentata come un tempo poiché nelle scuole mancano i cori, manca la musica e purtroppo, salvo alcuni casi, manca anche la competenza. Ho la fortuna di essere il pianista accompagnatore di un formidabile coro di voci bianche, il Coro voci bianche Garda Trentino diretto da Enrico Miaroma, e da questa collaborazione ho tratto tanti spunti utili per la composizione. Credo che scrivere per voci bianche sia una delle sfide più complesse per un compositore, poiché la ricerca di semplicità ed essenzialità rischia di tramutarsi in banalità compositiva. Scrivere per i bambini richiede quindi una grande capacità di sintesi e al tempo stesso molta creatività.
Benché in maniera minoritaria, la sua produzione ha riservato spazio anche alla musica strumentale, per esempio al suo strumento, il pianoforte. Vi è una continuità tra la produzione strumentale e quella corale?
La mia produzione strumentale è al momento piuttosto limitata ed è soprattutto legata agli studi di composizione intrapresi con Massimo Priori e Nicola Straffelini. Senza dubbio c’è continuità fra le due produzioni anche se nella musica strumentale degli ultimi anni ho cercato di sperimentare un linguaggio più moderno. Questo ha senz’altro influito nel mio approccio con nuove composizioni corali e mi ha permesso di rinnovare il mio stile: alcuni degli ultimi lavori corali (come ad esempio il dittico dantesco Al sommo d’una porta e Occhi di bragia) sono il frutto di questo percorso di rinnovamento e in essi sono presenti componenti tipiche del mio stile vocale, quali cantabilità, ricchezza armonica, predilezione per la modalità, unite a componenti più “moderne” come l’utilizzo della scala ottofonica e l’introduzione di effetti di varia natura (sussurrati, recitati, suoni armonici, alea controllata ecc.). Ci tengo a precisare che ritengo importantissimo un equilibrio fra questi elementi perché sono convinto che la cantabilità rimanga una caratteristica imprescindibile della musica vocale.
Nella musica vocale è determinante il peso del testo. Ritiene di essere parte attiva nello scegliere i testi da musicare o piuttosto vi sono eventi e situazioni che fanno sì che, almeno talvolta, siano i testi stessi a scegliere lei? Con quali modalità avviene in genere la scelta?
Penso che prevalga la scelta ponderata. Il rapporto con il testo è molto importante per me. Uno dei pregi della musica vocale e corale è la possibilità di trasmettere dei messaggi, di comunicare; la musica corale è musica che parla e che può veicolare emozioni, speranza, fede, bellezza e molto altro. Per questo motivo la scelta dei testi è piuttosto lenta e difficile, poiché in essi cerco qualcosa che mi tocchi e mi colpisca, qualcosa in cui credo.
E in queste scelte ci sono autori letterari, del presente o del passato, con cui si sente maggiormente in sintonia?
Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di collaborare con poeti e di costruire insieme dei progetti. Mi riferisco in particolare alla poetessa e musicista Elisa Gastaldon, autrice di molti testi ispirati, scorrevoli e musicali, con la quale ho avuto sempre proficue collaborazioni. Ho inoltre musicato testi di poeti appartenenti al Cenacolo trentino di cultura dialettale mentre alcuni testi a cui ho lavorato sono frutto della collaborazione con mia moglie, Desirée Calzavara. Fra i grandi autori italiani del passato ho avuto occasione di cimentarmi con i versi di Dante, Petrarca, Pascoli. Una parte cospicua dei miei lavori corali è in lingua inglese con testi altrettanto raffinati di autrici e autori quali Emily Dickinson, Christina Rossetti, Paul Laurence Dunbar, William Butler Yeats, Henry Wadsworth Longfellow e altri ancora.
C’è poi il sacro, che ha un’evidenza non trascurabile nella sua produzione…
La musica sacra ha senz’altro un forte peso nel mio percorso compositivo. Mi sono avvicinato da ragazzo alla musica sacra grazie all’amicizia con don Luigi Francescotti, direttore della Corale Monteverdi di Cles, che mi ha avvicinato a pagine corali di Liszt e Rachmaninov, autori che da pianista amavo molto, ma che ancora non conoscevo per i lavori corali. Durante gli studi liceali l’assidua frequentazione della biblioteca del Conservatorio Bonporti di Trento mi ha avvicinato alla musica sacra di autori di varie epoche, dal gregoriano ai compositori contemporanei. Questo mi ha permesso di avere una panoramica piuttosto vasta e ha contribuito alla formazione del mio gusto musicale. Scrivere musica sacra è per me un’occasione di meditazione personale, un percorso spirituale di ricerca interiore.
In Italia, ma non solo, dalla seconda metà del Novecento il rapporto della musica colta col testo ha seguito un percorso di grandi cambiamenti, evoluzioni, fratture, rispetto alla grande tradizione della musica vocale italiana – si pensi solo all’impatto di un compositore come Luciano Berio. La sua musica sembra però voler recuperare una tradizione che appariva come esautorata: un recupero del testo nella sua integralità elocutoria, senza interventi frammentativi, alterativi, rielaborativi, legati a un’azione esegetica radicale e concettuale da parte del compositore. È come se in lei ci fosse l’intenzione di restituire la funzione dell’interpretazione testuale alla semplice linea melodica e al risultato armonico dell’intreccio vocale.
Confermo questa analisi, la mia musica è senza dubbio legata alla tradizione e, come già detto, il testo ha per me grande importanza, per cui sento la necessità di trasmetterlo nella sua integrità affinché il messaggio giunga all’ascoltatore. Elementi più innovativi (come effetti timbrici o altro) sono finalizzati alla valorizzazione del testo e non a una sua frammentazione. Anche nell’elaborazione musicale si nota un ritorno, direi molto determinato ma anche molto raffinato, al diatonismo, che riconsegna il risultato sonoro a una sfera di dolcezza e di fluttuanza che sembrano qua e là evocare anche alcune atmosfere New Age, benché questo raffronto un po’ ingenuo faccia torto alla ricercata eleganza di forme e costrutti della sua musica. Diatonismo, modalità, ricerca armonica sono senza dubbio componenti tipiche del mio stile, quindi posso confermare che il mio modo di concepire la musica guarda più alla tradizione che alle neo avanguardie. Credo che la ricerca della novità a tutti i costi sia una ricerca fine a sé stessa se non si tiene conto di un aspetto fondamentale: la comunicazione. Non credo che la composizione possa ridursi a un processo mentale comprensibile esclusivamente alla mente del suo creatore. In un mondo sempre più individualista, tormentato da guerre e calamità che non lasciano grandi speranze per il futuro, c’è forse bisogno di tornare a comunicare ed emozionare attraverso la musica, tornare a toccare cuori che hanno bisogno di consolazione, dolcezza, energia e speranza. So di essere controcorrente in tal senso e quello che spesso mi preoccupa è di sembrare un compositore superficiale. Quello che cerco quando scrivo è di emozionare me stesso attraverso ciò che creo; spero che queste emozioni possano arrivare anche agli ascoltatori.


Sfrenatezza, impeto, irruenza, contrasto sono concetti che possono comunque appartenere alla sua sfera estetica?
Assolutamente sì, ho scritto anche brani corali con queste caratteristiche. Si tratta però di brani piuttosto complessi che richiedono cori professionali o semiprofessionali e che per questo sono ancora poco eseguiti; uno di questi è proprio Occhi di bragia. Spero che questa e altre composizioni analoghe possano avere spazio in un prossimo futuro.
C’è una dimensione espressiva, emotiva, che non introdurrebbe mai nel suo vocabolario estetico?
Non escluderei nulla a prescindere. È sempre il testo a suggerirmi che materiale utilizzare, quindi penso che ci sia spazio per introdurre anche dimensioni espressive ed emotive che per ora non ho ancora esplorato.
Esistono elementi di interdisciplinarità nella sua idea di musica?
Senza dubbio sì; oltre alla già citata collaborazione con il mondo della poesia, che, al di là delle composizioni vocali, ha dato vita anche a composizioni strumentali, ho avuto occasione di comporre musica applicata alle immagini e per il teatro. Ho scritto in particolare un mottetto in collaborazione con un amico artista, Marco Baruzzo, che mi ha avvicinato alla sua pittura molto raffinata, intensa e toccante. Recentemente ho anche scritto la colonna sonora della pellicola dadaista Anémic Cinéma di Marcel Duchamp e l’anno scorso ho composto un’opera da camera, I vestiti nuovi dell’imperatore, su libretto di Gianni Rodari.
Autori di riferimento?
Sono moltissimi gli autori di riferimento, il primo compositore a lasciare un segno forte nel mio percorso musicale è stato Liszt, grazie al quale mi sono avvicinato alla musica sacra e alla musica modale (Liszt purtroppo non è abbastanza conosciuto al di fuori dell’ambito del virtuosismo pianistico). Il fascino per la modalità mi ha portato ad affrontare un viaggio a ritroso nel tempo che mi ha fatto conoscere e amare la musica antica, in particolare quella di Josquin Desprez e in generale quella dei compositori fiamminghi. Per quanto riguarda gli autori del Novecento, sono per me forti punti di riferimento Debussy, Ravel, Castelnuovo-Tedesco, Messiaen, Duruflé, Martin, Rautavaara. Amo molto anche i compositori inglesi e la musica corale ortodossa. Per quanto riguarda autori corali contemporanei che mi hanno particolarmente influenzato, ricordo in particolare Lauridsen, Whitacre, Mealor, Elder, Ešenvalds e Łukaszewski. Non posso trascurare inoltre l’importanza esercitata da compositori di musiche da film; Alexandre Desplat in particolare ha lasciato in me un’impronta forte.
Se l’opera non è tanto l’oggetto che viene redatto in partitura, quanto il fluire nel tempo di un’esecuzione con tutta la carica espressiva ed emotiva che ne emana, sarebbe interessante conoscere i suoi modi di reagire all’ascolto di ciò che lei stesso compone.
L’ascolto dei miei lavori mi rende felice e mi dà grande soddisfazione; è molto utile per capire che cosa funziona e che cosa no. Grazie alle esecuzioni mi è capitato di notare la presenza di imperfezioni o di passaggi poco efficaci sui quali intervenire. Talvolta ciò si verifica a pubblicazione già avvenuta e questo purtroppo può creare dei disagi; per questo ritengo utile poter collaborare con un coro per sentire il brano prima della sua pubblicazione, ma purtroppo non è sempre possibile, in particolare quando si lavora a brani corposi per organici importanti. Quando invece il brano funziona è davvero emozionante sentirlo prendere vita ed è meraviglioso percepire concretamente quello che fino a pochi momenti prima era solamente un’idea.
Da giovane compositore, la sua prospettiva sul mondo corale è certamente diversa da chi è più avanti negli anni. Dove sta andando oggi la coralità italiana, rispetto anche a quella di altri paesi?
Trovo che la coralità italiana abbia un potenziale enorme che ha ancora ampio margine di crescita. Noto purtroppo una grande frammentazione nel mondo corale, una forte competizione che talvolta offusca l’obiettivo primario che è quello di promuovere e diffondere arte, bellezza, armonia, coesione e di investire sulla formazione per le generazioni future. Questo di certo non giova alla crescita collettiva della coralità italiana che purtroppo rischia sempre più di non trovare nuova linfa nei giovani, che hanno meno possibilità rispetto al passato di avvicinarsi alla musica poiché nella scuola pubblica e nelle famiglie essa è ormai pressoché assente. Noto con rammarico nei bambini l’assenza di quella sensibilità musicale che un tempo era trasmessa dentro le mura domestiche e nella scuola. In altri paesi i cori hanno una grande qualità e ricambio continuo perché la cultura corale viene alimentata giorno dopo giorno fin dalla prima infanzia. Fortunatamente ci sono molti casi virtuosi in Italia che con coraggio e forza si distinguono per forza di volontà e risultati incredibili e compiono sul territorio un grande servizio di formazione musicale e umana, ma forse potremmo fare di più se ci fosse, da parte di chi governa, la volontà di investire maggiormente in cultura. Dal punto di vista dei repertori invece direi che in Italia andrebbe potenziata la collaborazione fra cori e compositori, imitando ad esempio i paesi del nord Europa, dove molti cori giovanili diffondono la musica contemporanea locale e permettono ai compositori emergenti di essere notati anche altrove.
